Bergoglio e Stati Uniti


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Un interessante articolo di Massimo Faggioli sul “primo papa del XXI secolo in senso geopolitico”. Compare su Europa.

Dalla liturgia della Chiesa alle liturgie della comunicazione globale: la conferenza stampa dal ritorno del viaggio papale è ormai diventata un appuntamento tipico del pontificato di Francesco, quasi come le omelie del mattino a Santa Marta.
Questa conferenza stampa era attesa più di altre per il quadro internazionale in cui la visita in Corea si è svolta: la questione cinese e la divisione della Corea, la guerra permanente tra Israele e Hamas a Gaza, ma soprattutto la lettera datata 9 agosto al segretario generale dell’Onu circa la situazione delle minoranze religiose attaccate dall’Isis in Iraq.
La conferenza stampa si è concentrata sulle questioni internazionali, e la tentazione è di cercare nelle parole del papa una “dottrina Bergoglio” che non esiste.
Ma Francesco si trova di fronte a una situazione che spinge a riconsiderare sotto una nuova luce il dovere della comunità internazionale all’ingerenza umanitaria per proteggere le popolazioni a rischio di genocidio. Papa Benedetto XVI non dovette confrontarsi con una crisi internazionale di questo tipo.
E invocare (come si fa in alcuni circoli cattolici) il carattere profetico del discorso di Ratisbona sull’Islam è solo un modo per evitare di capire la congiuntura attuale.
Dall’intervista di papa Francesco è chiaro il linguaggio usato per esprimere la consapevolezza della Chiesa che interventi umanitari si sono talvolta tramutati in guerre di conquista, e il ribadire che l’interlocutore di riferimento sono le Nazioni Unite. L’Europa politica svolge un ruolo radicalmente marginale nel linguaggio bergogliano, e non è soltanto sfiducia verso Bruxelles. Non si tratta più del papato globale di Giovanni Paolo II post-Muro di Berlino, che si sgancia dal ruolo di garante morale e spirituale della Nato. Quello di Francesco è un papato globale de iure e de facto che non si sente più legato a quel progetto di Occidente post-1945 «concepito in Vaticano e partorito a Washington», come disse il teologo protestante tedesco Martin Niemoller.
Una delle espressioni più audaci usate da Francesco al ritorno dalla Corea per descrivere la situazione attuale è quella di una «terza guerra mondiale fatta a pezzetti». È una visione delle cose tipica di un non europeo, che non vede nella fine della Seconda guerra mondiale l’inizio di una pax europea estesa al resto del globo: quella pace è stata già rotta da tempo e i conflitti lambiscono i confini dell’Unione, non senza responsabilità europee e americane. Nel tardo secolo XX una visione di questo genere sarebbe stata accusata di terzomondismo, frutto di una politica “non allineata”. Ma papa Francesco è non soltanto il primo papa del post-Concilio in senso teologico, ma anche il primo papa del secolo XXI in senso geopolitico. Questo comporta un ridimensionamento della centralità europea sulla mappa della ecclesia globale e della centralità nordatlantica nel giudicare lo stato del mondo.
Francesco ha un evidente “problema americano”. Non è certo un lapsus quel passaggio in cui ricorda ai cattolici (statunitensi) l’insegnamento morale della Chiesa circa la tortura. Ma interessante è anche la volontà di papa Francesco di tenere in sospeso i cattolici americani circa l’ipotizzata visita del settembre 2015: in parte per rimproverare al vescovo di Philadelphia, Chaput, la volontà di accreditarsi in pubblico, qualche mese fa, come colui che aveva convinto il papa a venire in America; ma anche perché per Francesco la Chiesa americana rappresenta un’incognita e allo stesso tempo una Chiesa come le altre. Se c’è un papa che non crede nell’eccezionalismo americano, questo è proprio l’argentino Bergoglio.
Le parole della conferenza stampa di papa Francesco sono state divulgate solo un paio d’ore prima della conferenza stampa di Barack Obama sui fatti di Ferguson. È tutto dire che il presidente avrebbe voluto parlare più di Iraq che dei tumulti a sfondo razziale in Missouri: un altro segnale del declino della rilevanza dell’America nella geopolitica mondiale. Il papa sudamericano è cosciente di questo declino. Ma in questo momento Francesco non può fare a meno del potere americano, per salvare qualcosa di quel cristianesimo che nell’area mediorientale era vitale già secoli prima che i vescovi di Roma fossero chiamati papi.”

2 Replies to “Bergoglio e Stati Uniti”

  1. Già… che si occupi un pò più del mondo rispetto ai suoi predecessori è vero. Ma che incida nelle decisioni geopolitiche purtoppo no.
    Cioè, per Francesco è semplicissimo dire: ”l’Isis è un gruppo di terroristi pazzoidi, sono cattivi e ammazzano minoranze tra cui anche cristiani” (tutto vero, anche se sarebbe corretto che Josè Bergoglio dicesse anche che il deputato Usa Mc Cain, a nome del governo americano, ha incontrato personalmente qualche mese fa il terrorista Bagdadi per discutere la strategia di balcanizzazione dell’Iraq) e non vorrei essere sembrato ironico, cioè condivido in pieno le sue parole sull’Iraq e sulla 3 guerra mondiale combattuta a spezzoni!

    Ma Josè non è così tanto forte quando parla di israele, quando parla del genocidio di gaza.

    Questo lavarsi le mani, questa paura e questa genuflessione dei poteri ecclesiastici al mondo della guerra (con questo ultimo papa qualcosa è cambiato per esempio quando ha detto quella frase da incorniciare : ” le guerre sono fatte per vendere armi ”), della finanzia e dei poteri forti (le lobby israeliane e conservatrici sono molto forti negli usa, tanto che quando John Kerry ha scoperto di essere stato spiato dal Mossad durante i colloqui di pace al Cairo non si è incazzato come avrebbe fatto se lo avessero spiato i cinesi o chissachì) questo mix mi ha sempre allontanato dalla chiesa cattolica (anche se apprezzo qualche ”insegnamento”).
    La mia posizione è: rispettoso verso i credenti ma anti-vaticanista convinto! 🙂

    Per quanto riguarda Obama, beh, è una delusione totale!

    Le consiglio la lettura di ”No Place ti Hide” di Gleen Greenwald sul caso Nsa e sul caso Snowden.

    Mandi! 🙂

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    1. Grazie Emanuel per il tuo intervento, come sempre appassionato e sentito. Trovo che la questione sia molto complessa, sia per quanto riguarda la presenza geopolitica del Vaticano in generale, sia per la posizione nelle singole questioni (che risente, gioco forza, della storia). Grazie per il suggerimento della lettura e quando ci rivediamo ti porto un libro, interessante, a mio avviso, non tanto per il contenuto in sé, quanto per il peso che può avere quel genere di libri. Buona fine estate 😀

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