Un occhio generativo


Mi sto dedicando alla lettura notturna di L’appello di Alessandro D’Avenia. Ho l’abitudine di prendere nota dei passi che mi colpiscono e di riportarli poi su dei quadernetti (anche se è un po’ che non faccio quest’ultima operazione e mi manca farlo). Come si vede nella foto sono arrivato a pagina 50 e le citazioni sono già tante (come sempre mi capita con i libri del prof siciliano). Oggi mi voglio soffermare su alcuni di quei passi per restare sul tema dell’ultimo post: i buoni propositi per il nuovo anno.

E’ il prof. Romeo a parlare, il docente non vedente di un liceo scientifico: “Dare un nome proprio e dare alla luce sono la stessa cosa. Da quando sono cieco ho capito che la luce non è semplicemente quella che si riflette sulle cose, ma quella che ne esce quando le chiami per nome. […] Per riuscire a insegnare devo concentrarmi sulla presenza dei ragazzi e non sulle mie aspettative, devo lasciare che siano loro a venire alla luce e non io a illuminarli. Almeno ci devo provare…” (pag. 37). L’anno scorso sono riuscito a farlo in alcune classi e da loro sono uscite cose meravigliose che mi hanno emozionato e meravigliato. Le ore emozionanti e che generano meraviglia e stupore sono quelle che rimangono più impresse, quelle generative: lo sono per me, penso lo siano anche per loro. E con questo mi lego alla seconda citazione, è una studentessa a parlare, Elisa, anzi Virginia: “Soffoco tra queste mura così strette e mi chiedo che ci facciamo qui, tutti i giorni, a morire di noia. Perché volete costringere la vita nella taglia XXS dell’abitudine? Spero che lei possa raccontarci qualcosa che non abbiamo mai visto… Altrimenti la mia anima sarà costretta ad andarsene anche durante queste ore, pur di respirare. Non ho mai sentito una nota di meraviglia nelle parole della nostra professoressa di scienze.[…] Così è la mia vita, professore, fuggo sempre da dove ci si annoia e mi abbandono a lunghi sogni di trasformazione. Viaggio con l’anima e divento tutto ciò che mi stupisce. E devo farlo per forza, se non voglio morire di realtà.” (pag. 48).

Ecco quindi, dopo l’orecchio bambino del precedente post, altri due propositi: far venire alla luce e generare meraviglia (che mi suonano decisamente affini). C’è di che rimboccarsi le maniche.

3 Replies to “Un occhio generativo”

  1. Ciao. Sono Donatella Alpini, mamma di Anna Baiutti e tua collega di rc …ma alla primaria. Anch’io ho letto l’ultimo libro di Alessandro D’Avenia …. Volevo sapere le tua opinione in merito. Io avrei preferito un finale per così dire felice… trovo che ultimamente l’autore stia diventando molto cupo. Bellissimo il metodo per coinvolgere i suoi alunni, lui è un vero educatore. Ti saluto. Mandi Donatella

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    1. Eccomi, finito proprio questo pomeriggio. A me il finale è piaciuto, l’ho trovato in linea con quanto ha scritto sul dolore per tutto il romanzo. Mi ha donato tantissimi spunti di riflessione e idee per progetti e lezioni; ho trovato invece un po’ debole l’insieme narrativo. La storia raccontata l’ho trovata debole. Da un lato penso ci siano parecchie ridondanze contenutistiche senza la quali ci sarebbe un guadagno in snellezza che avrei investito nel dipanarsi della vicenda, troppo veloce per un solo anno scolastico. Per l’amor del cielo, è un romanzo, ma avrei apprezzato una maggior aderenza alla realtà.

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