Crisi economica

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Spunto

Prima di tutti vennero a prendere gli zingari e fui contento perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendermi, e non c’era rimasto nessuno a protestare.
Bertolt Brecht

Economia USA

Prendo dal sito di Internazionale

Il link di quest’articolo
internazionale.it/home/primopiano.php?id=20230
Economia Usa in crisi

Gli avvenimenti degli ultimi giorni hanno dimostrato una volta per tutte quanto il sistema economico e finanziario statunitense sia in uno stato di crisi profonda.

Internazionale, 15 settembre 2008

Dopo l’azione di salvataggio messa in atto dal governo per salvare i colossi dei mutui Fannie Mae e Freddie Mac, ieri la notizia che era nell’aria di un prossimo fallimento della banca di investimenti Lehman Brothers si è concretizzata. La stampa statunitense si mostra decisamente pessimista.

“Stiamo assistendo a un vero e proprio collasso, la cui gravità ricorda molto da vicino la crisi del 1929”, scrive il New York Times, che spiega: “Come allora, il risultato finale di questo crollo finanziario, potrebbe portare alla rovina tutto il sistema bancario. Rispetto ad allora, però, le cause sono diverse, in quanto è cambiato completamente il modello di gestione del denaro. Il sistema finanziario tradizionale, per cui chi era in possesso di risparmi li depositava concretamente in banca, è stato sostituito da un sistema bancario fantasma, dove la maggior parte degli affari sono realizzati con transazioni fittizie e molto rischiose”.

Secondo il Wall Street Journal “la scelta del governo di non coprire le spalle a Lehman Brothers è stata giusta, anche se incoerente rispetto a quella del marzo scorso, quando Bush aveva deciso di salvare l’altra grande banca di investimenti Bear Stearns; un ulteriore salvataggio avrebbe fatto passare l’idea che il governo è pronto a correre in soccorso di qualsiasi istituto privato in crisi. Adesso, però, si apre una fase in cui l’azione del governo sarà decisiva per riuscire a stabilizzare la finanza statunitense”.

L’impressione, però, è che a essere in crisi sia l’intero sistema economico, come spiega il Washington Post: “Tutti i settori sono in affanno. Giovedì scorso il Congresso ha stanziato 8 miliardi di dollari per creare l’Highway Trust Fund, un fondo fiduciario che ha come obiettivo quello di evitare l’insolvenza alle società che gestiscono il sistema stradale”.

Io non guardo le Olimpiadi

Qualche settimana fa avevo già manifestato sul blog l’idea di non guardare le Olimpiadi di Pechino come forma di contrapposizione alla politica cinese nei confronti del Tibet. Chi mi conosce sa quanto mi costi rinunciare allo sport…

Ieri sera ho ricevuto da Marta questa mail che volentieri condivido con tutti coloro che sono interessati.

 

Cari amici,

Non guardiamo le Olimpiadi di Pechino 2008
La CINA sta perpetrando un GENOCIDIO in TIBET dal 1959,
Non lasciamo che genocidi passino in silenzio, non premiamo i colpevoli con l’onore di ospitare le ‘OLIMPIADI’, antichi giochi nati in segno di CIVILTA’ e PACE !

Diamo un segnale noi che abbiamo ancora una voce………..
Ribelliamoci pacificamente:
– in memoria del Tibet, una volta cuore pulsante della spiritualità mondiale (più di 6000 monasteri distrutti, rimasti circa 15)
– in onore di tutti i Tibetani pacifici e disarmati uccisi a sangue freddo (più di 1milione di vittime, circa 1/6 della popolazione, e decine di migliaia esiliati, imprigionati, torturati e deportati nei campi di concentramento)3bd8250c979b87ef37dbec3aa89f9ace.jpg
– ribelliamoci alla sterilizzazione subita dalle donne Tibetane per non aver accettato matrimoni con l’invasore (più di 7.5 milioni di Cinesi vivono in Tibet)
– ribelliamoci all’incapacità dell’ONU (per mancati poteri effettivi) di difendere i diritti civili, assistendo impotenti ad uno sterminio di massa ed alla cancellazione di una civiltà, nonostante le continue accuse di genocidio mosse ufficialmente dalle Nazioni Unite alla Cina fin dal 1959.
Insieme di fatti che rendono la Cina luogo’inadeguato’ad ospitare le Olimpiadi… Sarebbe bello se tutto questo non fosse vero, ma tutti i documenti ufficiali dell’ONU parlano chiaramente, vedi sito
www.tibet.com
– MANIFESTIAMO IL NOSTRO DISSENSO EVITANDO DI SEGUIRE LE OLIMPIADI 2008 IN CINA
– TENIAMO SPENTI TUTTI I MONITOR/TV IN DIRETTA DA PECHINO PER TUTTO IL TEMPO DELLA CERIMONIA INAUGURALE
Se volete unirvi a questo abbraccio di solidarietà in nome di tutte le vittime del male e della follia del potere, comunichiamo via mail questo pensiero a chi crediamo lo possa ‘condividere’.
L’ONU siamo noi, gli stati siamo noi, il pianeta siamo noi.
L’autodeterminazione è un diritto di tutti i popoli E anche se pensiamo che ci sia poco da fare…, come disse Ghandi ‘sii tu il cambiamento che vorresti dal mondo’.
Copia questo testo e incolla su nuovo msg per inoltrarlo a più persone possibile.
NON SI GIOCA CON I DIRITTI UMANI……….. NON GUARDIAMO LE OLIMPIADI DI PECHINO 2008.
www.sostibet.org
Grazie a tutti

Tibet

marcia di solidarietà

per il popolo tibetano

UDINE 

giovedì 3 aprile 2008

ore 19.30/20.00

ritrovo e partenza

da piazza matteotti

“la non violenza non è solo assenza della violenza. Essere

non-violenti significa astenersi dal far male quando se ne avrebbe

l’occasione. La non-violenza è come il riflesso dell’espressione

dell’amore umano e della compassione umana”

S.S. il XIV° Dalai Lama

Crudeltà contro le foche

E’ iniziato venerdì 28 marzo e continuerà per due settimane il massacro delle foche da parte del governo canadese. La denuncia è stata fatta da alcuni gruppi ambientalisti. Per Greenpeace nelle prossime due settimane saranno 275mila le foche uccise. Secondo il ministro canadese “senza crudeltà”, in modo “assolutamente incomprensibile” per gli ambientalisti che per dimostrarlo hanno diffuso un video che visibile qui: http://www.youtube.com/watch?v=pSAca-qq06s

Da segnalare che anche la Russia oggi dà inizio alla stessa pratica crudele.

Armi vendute dall’Italia

Armi: nuovo record per il made in Italy

estratto di un articolo Riccardo Bagnato (http://www.vita.it/articolo/index.php3?NEWSID=91764)

Nuovo record per l’esportazione di armamenti italiani che nel 2007 sfiorano i 2,4 miliardi di euro con un incremento del 9,4% rispetto al 2006. Sono queste le prime anticipazioni del Rapporto annuale previsto dalla legge 185 del ’90, e rese note dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri in occasione dell’incontro fra alcuni rappresentanti della Rete Disarmo e la Segreteria tecnica del sottosegretario Enrico Letta.

Una crescita contenuta rispetto all’anno passato, quando le autorizzazioni alle esportazioni erano invece aumentate di oltre il 60% sul 2005, ma pur sempre “un trend di crescita dell’export alquanto preoccupante” ha commentato Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Disarmo presente all’incontro.

Fra gli esportatori primeggia, come volume finanziario, l’MBDA ITALIA con oltre il 18,49% , pari a circa 442,9 milioni di euro, seguita da:

INTERMARINE con il 10,22%, pari a circa 244,8 milioni di euro;

FINCANTIERI con il 7.99%, pari a circa 191,6 milioni di euro

AGUSTAWESTLAND con il 7,93%, pari a circa 190,0 milioni di euro;

OTO MELARA con il 7,0%, pari a circa 167,65 milioni di euro;

GALILEO AVIONICA con il 6,72%, pari a circa 160,99 milioni di euro;

AVIO con il 5,97%, pari a circa 143,1 milioni di euro;

IVECO con il 4,48%, pari a circa 107,3 milioni di euro.

ALENIA AERMACCHI con il 3,98%, pari a circa 95,3 milioni di euro;

ORIZZONTE Sist. Nav. con l’2,48%, pari a circa 59,4 milioni di euro.

Per quanto riguarda, invece, i principali destinatari delle autorizzazioni alle esportazioni definitive di materiale d’armamento (non considerando le operazioni da compiere nell’ambito dei Programmi Intergovernativi per lo più destinate a Paesi Europei), dopo il Pakistan, al primo posto, merito soprattutto di un’autorizzazione per missili contraerei (di tipo Spada-Aspide prodotti dalla MBDA, controllata Finmeccanica), si scopre qualche altro nome a dir poco imbarazzante come Turchia, Malaysia e Iraq. Ma ecco la classifica completa fino al decimo posto:

PAKISTAN con il 19,91% delle operazioni pari a circa 471,6 milioni di euro;

FINLANDIA con il 10,59%, pari 250,96 milioni di euro;

TURCHIA con il 7,37%, pari a circa 174,57 milioni di euro;

REGNO UNITO con al 5,98%, pari a 141,77 milioni di euro;

STATI UNITI con il 5,81%, pari a circa 137,72 milioni di euro;

AUSTRIA con il 5,05%, pari a 119,72 milioni di euro;

MALAYSIA con il 5,04%, pari a 119,28 milioni di euro;

SPAGNA con il 5,02%, pari a circa 118,84 milioni di euro;

IRAQ con il 3,55%, pari a circa 84,0 milioni di euro;

FRANCIA con il 3,48%, pari a 82,39 milioni di euro.

Record, infine, anche per le operazioni autorizzate alle banche che salgono ad oltre 1,2 miliardi di euro. Il gruppo Unicredit con oltre 183 milioni di euro di operazioni si profila come la prima banca d’appoggio al commercio di armi del 2007 nonostante la policy di “uscita progressiva dal settore” annunciata fin dal 2001 dal suo Amministratore delegato, Alessandro Profumo, in attesa, dopo l’acquisito di Capitalia l’anno scorso di definire una linea di comportamento per quanto riguarda questo tipo di operazioni.

Diminuiscono, invece, le operazioni del gruppo Intesa San Paolo: un primo effetto della nuova policy entrata in vigore solo nel luglio scorso, ma che già sembra presentare risultati positivi.

“Preoccupa invece soprattutto la crecita di operazioni di istituti esteri come Deutsche BankBear-Stearns-Troubles  (173,9 milioni di euro), Citybank (84 milioni), ABC International Bank (58 milioni) – ha sottolineato Giorgio Beretta della Campagna ‘banche armate’ in occasione della presentazione del Rapporto – e BNP ParibasMassive-Bailout-Planned-for-Banks  (48,4 milioni) a cui vanno sommati i valori dell’acquisita BNL (63,8 milioni). Se siamo riusciti a portare diverse banche italiane ad esplicitare una policy precisa e il più possibile restrittiva in questa materia – ha aggiunto Beretta – dobbiamo creare la stessa azione di pressione sia in Italia sia negli altri paesi europei per quanto riguarda le banche estere”.

Ma ecco la classifica completa delle prime dieci banche per attività:

UNICREDIT Banca d’Impresa (14,96%)

Deutsche Bank (14,20%)

Banca INTESA SAN PAOLO (11,81%)

Citibank (6,86%)

Banca Nazionale del Lavoro (5,21%)

ABC International Bank PLC (4,74%)

Cassa di Risparmio in Bologna (4,38%)

BNP Paribas (3,95%)

HSBC Bank (2,22%)

Commerz Bank (2,20%)

I sentimenti giocano a nascondino

Inserisco per le prime, visto che stiamo parlando delle relazioni, una versione più completa del racconto letto in classe… 

 

Raccontano che un giorno si riunirono in un luogo della terra tutti i sentimenti e le qualità degli uomini.

Quando la noia si fu presentata per la terza volta, la pazzia come sempre un po’ folle propose: “Giochiamo a nascondino!”.

L’interesse alzò un sopracciglio e la curiosità senza potersi contenere chiese: “A nascondino? di che si tratta?”

“E’ un gioco -spiegò la pazzia – in cui io mi copro gli occhi e mi metto a contare fino a 1.000.000 mentre voi vi nascondete; quando avrò terminato di contare il primo di voi che scopro prenderà il mio posto per continuare il gioco”.65be1558e8274043dc7ded63cc87b1d0.jpg

L’entusiasmo si mise a ballare, accompagnato dall’euforia. L’allegria fece tanti salti che finì per convincere il dubbio e persino l’apatia, alla quale non interessava mai niente…. però non tutti vollero partecipare.

La verità preferì non nascondersi. Perché se poi tutti alla fine la scoprono?

La superbia pensò che fosse un gioco molto sciocco (in fondo ciò che le dava fastidio era che non fosse stata una sua idea) e la codardia preferì non arricchirsi.

“UNO, DUE, TRE…” cominciò a contare la pazzia.

La prima a nascondersi fu la pigrizia che si lasciò cadere dietro la prima pietra che trovò sul percorso.

La fede volò in cielo e l’invidia si nascose all’ombra del trionfo che con le proprie forze era riuscito a salire sull’albero più alto.

La generosità quasi non riusciva a nascondersi. Ogni posto che trovava le sembrava meraviglioso per qualcuno dei suoi amici.

Che dire di un lago cristallino? Ideale per la bellezza.

Le fronde di un albero? Perfetto per la timidezza.

Le ali di una farfalla? Il migliore per la voluttà.

Una folata di vento? Magnifico per la libertà.

Così la generosità finì per nascondersi in un raggio di sole.

L’egoismo, al contrario trovò subito un buon nascondiglio, ventilato, confortevole e tutto per sé.

La menzogna si nascose sul fondale degli oceani (non e’ vero, si nascose dietro l’arcobaleno!).

La passione e il desiderio al centro dei vulcani.

L’oblio….non mi ricordo…dove?

Quando la pazzia arrivò a contare 999.999, l’amore non aveva ancora trovato un posto dove nascondersi poiché li trovava tutti occupati; finché scorse un cespuglio di rose e alla fine decise di nascondersi tra i suoi fiori.

“Un milione!” – contò la pazzia. E cominciò a cercare.

La prima a comparire fu la pigrizia, solo a tre passi da una pietra.

Poi udì la fede, che stava discutendo con Dio su questioni di teologia, e sentì vibrare la passione e il desiderio dal fondo dei vulcani.

Per caso trovò l’invidia e poté dedurre dove fosse il trionfo.

L’egoismo non riuscì a trovarlo: era fuggito dal suo nascondiglio essendosi accorto che c’era un nido di vespe.

Dopo tanto camminare, la pazzia ebbe sete e nel raggiungere il lago scoprì la bellezza.

Con il dubbio le risultò ancora più facile, giacché lo trovò seduto su uno steccato senza avere ancora deciso da che lato nascondersi.

Alla fine trovò un po’ tutti: il talento nell’erba fresca, l’angoscia in una grotta buia, la menzogna dietro l’arcobaleno e infine l’oblio che si era già dimenticato che stava giocando a nascondino.

Solo l’amore non le appariva da nessuna parte. La Pazzia cercò dietro ogni albero, dietro ogni pietra, sulla cima delle montagne e quando stava per darsi per vinta scorse il cespuglio di rose e cominciò a muovere i rami. Quando, all’improvviso, si udì un grido di dolore: le spine avevano ferito gli occhi dell’amore! La pazzia non sapeva più che cosa fare per discolparsi; pianse, pregò, implorò, domandò perdono e alla fine gli promise che sarebbe diventata la sua guida.

Da allora, da quando per la prima volta si giocò a nascondino sulla terra, l’amore è cieco e la pazzia sempre lo accompagna…

un senso

Per le quarte e per chi vuole posto questo articolo, che penso interessante, anche se non condivido alcune cose.

 

 

di Angelo Crespi
Spesso solo la morte restituisce dignità alla vita. “Un bel morir, tutta la vita onora” epigrammava Petrarca. Ma al di là della retorica e delle frasette, molti saggi e molti santi hanno insegnato che la vita davvero è un prepararsi al morire. Pur essendo il morire un fatto prettamente individuale (“Non è che ho paura di morire, solo che non voglio esserci quando accadrà” ironizza Woody Allen), resta il fatto che la morte da sempre ha risvolti sociali, perché il morto è morto, mentre i vivi restano. Sarà per questo che ogni civiltà ha tramandato modi e forme per elaborare il lutto sempre più rivolti ai vivi che ai morti. Gli egiziani approntavano di cibo le tombe per il defunto, duemila anni dopo i Sepolcri del Foscolo servivano soprattutto ai vivi perché ne traessero insegnamenti e aspirazioni.
Oggi le cose sono ancora cambiate. La morte da costante della vita si è trasformata in una variabile sociale sempre meno considerata. Ciò nonstante, sembra incredibile, si continua a morire. Allontanata dall’orizzonte di una società inconsapevole, scacciata in termini collettivi, resta un fatto privato difficile da gestire. Si muore in silenzio, da soli, si viene tumulati in fretta e furia, senza preci, nessun corteo funebre per non intralciare il traffico, nessuna prefica. Che a pensarci bene, viene da chiedersi: perché dunque morire?
Ci sono però casi eclatanti, in cui la morte diventa di nuovo fatto pubblico: morti eccellenti, morti tragiche di bambini o soldati. Proprio qui ci si accorge che i riti difettano, che non abbiamo più neanche la mimica per celebrare il defunto. Spesso a questi funerali, quando transita il feretro la folla applaude, come si applaude allo stadio. I visi degli astanti si irrigidiscono in espressioni di circostamza.
Nei giorni scorsi, una foto sui giornali ci spinge a qualche ulteriore riflessione. Il funerale di un attore hollywoodiano, il ventottenne Heath Ledger, si è concluso con una festa, una sorta di beach party stile australiano. Ledger pare sia morto per un’overdose accidentale di farmaci. Nessuno ci toglie dalla mente l’idea che il giovane attore, nonostante il successo mondiale, non avesse trovato ragione per vivere, come molti altri della sua generazione, della mia generazione, di tante altre generazioni precedenti. è sempre una scommessa la vita, un gioco il cui scopo è trovare le regole del gioco.
Vedere gli amici di Ledger spiaggiati, l’ex compagna, l’attrice Michelle Williams, concedersi un bagno tra spruzzi e risa, genera un senso di spaesamento. Quasi che la morte non fosse nulla. Ma non perché la combriccola ridanciana e miliardaria abbia dato senso definitivo alla morte, o possa chiamarla “sorella” al pari di San Francesco. Piuttosto, ci sembra, perché non sono riusciti a dare un senso neppure alla vita.

Ideali

LA FIGLIA DEL MARESCIALLO UCCISO
 UNA RAGAZZA CI INSEGNA COS’È L’IDEALE

di  DAVIDE RONDONI

P
oi arriva Giusy, che ha solo di­ciott’anni e un dolore che non si può capire. Perché le hanno ammazzato il padre mentre faceva il soldato. Arriva lei e con addosso un dolore che non si può capire dice una cosa che invece si capisce benissimo. Arriva con addosso un amore che non si può capire e dice una cosa che si capisce benissimo. Di­ce cos’è un ideale. Dice ‘non ti voglio ricordare in una bara’. Dice ‘continuerò il tuo lavoro’. Dice cose così umane da mettere quasi paura. Perché ormai sia­mo così rattrappiti nel cuore e nella mente da pensare che cose così esista­no solo nei film o nei momenti specia­li. E invece questa è l’Italia, questa è Giu­sy.
 
In piedi signori presidenti, signori pro­fessori, signori dei signori di questo Pae­se che troppo spesso avete ridotto nei vostri pensieri prima ancora che nelle vostre azioni a selva di retorica e di gio­chi di potere, a noia, a banalità. Deve arrivare ancora una ragazza a dirci co­sa è l’ideale. Che è cosa diversa dall’e­mozione. Diversa dal sogno. E diversa dall’ideologia. L’e­mozione non ba­sta a far parlare così. I sogni passa­no col tempo, l’i­deale invece in lei è cresciuto nel tempo, anche gra­zie a quel padre vi­cino e lontano. L’i­deologia vuole ca­pire e possedere il mondo, l’ideale invece vuole servi­re. Per ideologia si diventa potenti o intellettuali. Per i­deale si diventa soldati, servitori con la maiuscola.
  Non prendete in giro Giusy, non tratta­tela come se fosse un ‘bel momento di retorica’. I suoi diciotto anni non sono per nulla retorici. Il taglio doloroso di essere rubata in tal modo del padre non è retorica, è vita durissima. E l’ideale è fatto della stessa pasta della vita. Ma non si conosce cosa è l’ideale se non si co­noscono uomini che ne vivono davve­ro.
 
 
 Giusy conosceva suo padre. Come lo conosceva sua madre, che ha chiesto ve­nisse avvolta nel tricolore la bara. E non per consuetudine retorica o militaresca, ma ‘perché lui lo amava’. Fermiamoci un attimo, un attimo prima della cam­pagna elettorale, prima di guardare fuo­ri dalla finestra, un attimo prima di di­re il nome delle persone che ci sono ca­re, dei luoghi che ci sono cari. Per guar­dare cosa c’è dentro queste frasi di fi­glia e di madre. Cosa c’è dentro questo ritratto di padre e marito. E di donna e di ragazza. Se non si considera quanto pesa, e quanto s’innalza la natura del­l’ideale, se non si considera quanto be­ne e quanta giustizia e quanta verità il cuore di queste persone ha visto e vede in un ideale, non si capisce più niente dell’Italia. Se non si onora questo idea­le, si finisce per disprezzare tutto.
  Giusy ha capito di più l’Italia di tanti po­litici, di tanti presidenti, di tanti anali­sti economici o sociali. Ha capito che la vita di un uomo è innanzitutto il suo i­deale. Cioè l’obbedienza a quel che il cuore desidera veramente. Non il suo conto in banca, non quante tasse paga, non che tipo di contratto ha. Ha capito che la vita di suo padre ha un anticipo di infinito già ora perché ha vissuto un ideale. E che se non si nutre, se non lo si continua, se non lo si assume come responsabilità la vita sa già di morte, co­me l’Italia di tanti tromboni della poli­tica o della cultura o della tv sa già di mummia. Giusy è arrivata senza orgo­glio a dire queste cose. Ha chiesto aiu­to, perché l’ideale non lo si sostiene da soli. Ha chiesto a suo padre di starle vi­cino. Anche ora che non è in un lonta­no Afghanistan, ma così vicino come quando abbracci una persona e non la vedi più.

Violenza sulle donne

e61e945b09bb73729590fd8114a1570b.jpgLavorando in un istituto che ha un alto numero di studentesse, penso possa essere molto interessante questo articolo pubblicato sull’ultimo numero di Rocca, nello spirito citato nel pezzo stesso, di iniziare a mettere delle crepe nel muro di silenzio che avvolge le violenze sulle donne. Inoltre non manca poi molto all’8 marzo e mi mette molta tristezza la pubblicità sulle radio locali della festa dell’8 macho… Buona lettura

La violenza sulle donne.doc

A morte per stregoneria!

ARABIA SAUDITA

Quraiyat (AsiaNews/Agenzie) – La caccia alle streghe non è una cosa di altri tempi. Il verdetto della corte saudita che ha condannato a morte Fawza Falih con l’accusa di stregoneria ha suscitato perplessità e fermenti e l’organizzazione non governativa Human Rights Watch  è intervenuta appellandosi a re Abdullah perché fermi l’esecuzione.
La donna, arrestata nel 2005 dalla polizia religiosa, è analfabeta ed è accusata di essere responsabile dell’improvvisa impotenza di un uomo che l’ha poi tacciata di stregoneria.
I metodi con cui sono avvenuti gli interrogatori sembrano essere stati poco ortodossi: Fawza Falih ha sostenuto di essere stata picchiata e costretta a firmare con impronte digitali confessioni e documenti che, non sapendo leggere, non poteva capire.
In Arabia Saudita non c’è un codice penale scritto e la stregoneria non è definita un crimine. La corte che l’ha condannata alla pena capitale l’ha fatto sulla base discrezionale per proteggere i principi, l’anima, e l’identità della Nazione. 
Joe Stork, direttore di Human Rights Watch in Medio Oriente, ha commentato circa la precarietà del sistema giudiziario nel Paese che in questo caso ha palesemente fallito. Il processo a Fawza Falih non è avvenuto secondo norma e “dimostra come i giudici siano interessati a tutto tranne che al perseguimento della giustizia”.

Dalai Lama in Italia

Governo tibetano: l’economia è importante, ma i diritti umani vengono prima
Commentando l’accoglienza riservata al Dalai Lama dal governo italiano, il portavoce del Dipartimento rapporti internazionali del governo tibetano in esilio spiega ad AsiaNews che non si vuole mettere in imbarazzo nessuno, ma questo non giustifica che la causa dei diritti umani sia sottoposta ai vantaggi commerciali. Importante il sostegno popolare al leader buddista: dimostra che la causa tibetana non è morta. 

4e68cea41c571b59e55bd21e84e661ab.jpgRoma (AsiaNews) – I governi europei “hanno tutto il diritto di pensare alla loro stabilità e crescita economica, ma non dovrebbero dimenticare che questi fattori si fondano sui diritti umani e sulla libertà di espressione:  il Dalai Lama è uno dei campioni di questi valori, e non incontrarlo significa metterli in secondo piano”. E’ quanto dice ad AsiaNews Thubten Samphel, portavoce del Dipartimento rapporti internazionali del governo tibetano in esilio, commentando l’accoglienza ricevuta dal leader buddista in Italia.
Secondo il rappresentante tibetano, “il Dalai Lama non vuole mettere in situazioni imbarazzanti nessun governo o politico, se questi non possono riceverlo: eppure, sarebbe un buon modo per conoscere la reale situazione del popolo e della regione tibetana”. E’ inoltre “comprensibile il nuovo atteggiamento di tanti governi, che cercano di limitare o comunque dare meno peso alla presenza del Dalai Lama nel loro territorio. La Cina ha aumentato il suo peso internazionale, economico e diplomatico, ed è noto l’atteggiamento paranoico di Pechino nei confronti dei tibetani”.
I governi europei “devono però ricordare che il commercio e l’economia sono molto importanti, ma non sono la base di una civiltà: il primo posto l’avranno sempre il rispetto dei diritti umani, della libertà personale e di quella di espressione. Avere un’economia stabile è possibile soltanto se gli uomini che la mantengono sono liberi”. Per questo, “bisogna guardare al governo tedesco, che gioca un ruolo importante nell’economia mondiale ma è allo stesso tempo fermo sulla questione dei diritti umani e non ha mai fatto passi indietro, nei confronti del Dalai Lama ma anche di tante altre situazioni in cui l’essere umano è perseguitato o in catene”.
Tuttavia, “noi siamo molto felici e diamo molta importanza al fatto che il nostro leader venga sempre accolto con sentimenti di simpatia e di rispetto dalle popolazioni di tutto il mondo, che dimostrano il loro affetto nei confronti suoi e della causa che rappresenta”. Proprio queste manifestazioni “ci consentono di andare avanti, nonostante l’esilio e la dominazione cinese della nostra regione. Sono la dimostrazione che vi è una preoccupazione internazionale per la questione tibetana, e che la nostra battaglia non è perduta. Sono molto importanti”.
Per quanto riguarda le ultime polemiche, legate alla partecipazione di Miss Tibet ad un concorso di bellezza internazionale, Samphel ha un atteggiamento chiaro: “Noi, di base, non apprezziamo queste manifestazioni e riteniamo poco opportuno che questa elezione avvenga a Dharamsala, la casa del Dalai Lama. Ritengo inoltre che la cosiddetta Miss Tibet, chiunque essa sia, viene invitata in giro per il mondo perché si sa che questo scatenerà Pechino, portando pubblicità all’evento. E’ comunque pesante dover sostenere che la Cina non consente mai, in nessuna occasione, l’affermazione di un’identità tibetana”.

Ecologia

3e29786195628f33d8c8288bb1bd589d.gifPer le 5e in particolare: è uscito in libreria il nuovo numero di Limes ed è tutto sull’ecologia. Inoltre, sul sito di Limes, vi sono degli articoli non presenti nella rivista e diponibili solo on line. Buona lettura

Accoglienza?

Don Federico è un caro amico ed è il sacerdote che ha sposato Sara e me e vive in un camper-furgone nel CampoNomadi di Udine da 6 anni. Mi ha inviato questa lettera che ha indirizzato alla Chiesa e che ora posto sul blog.

Lettera alla Chiesa.rtf

Verso dove stiamo andando?

FINLANDIA:STRAGE AL LICEO ANNUNCIATA SU ‘YOUTUBE’
adc10b400e7088d5fab8cfd7117f934d.jpgTUUSULA (FINLANDIA) – E’ salito a otto morti il bilancio della strage nella scuola di Tuusula, in Finlandia. Lo dice la polizia, che rivela anche che il killer, un alunno della scuola, ha tentato il suicidio, sparandosi, ed e’ ora ricoverato in ospedale in gravi condizioni.

La strage in una scuola di Tuusula, in Finlandia, era stata annunciata in un video pubblicato sul sito Youtube. Nel video, intitolato ”Jokela High Scholl Massacre” e pubblicato con la firma ”Sturmgeist89”, con un sottofondo si musica hard rock, si vede prima la scuola, poi un individuo il cui volto e’ pero’ difficilmente identificabile, che si mette in posa davanti alla telecamera con un’arma da fuoco. Nel suo blog ”Sturmgeist89” si definisce un ”esistenzialista cinico” e si dice ”pronto a morire per la causa”, cioe’ la eliminazione di ”tutti coloro che considero indegni della razza umana”.

Giochiamo insieme

CINA

Giocattoli Disney sotto accusa per lavoro coatto e mal pagato

Una ditta di Dongguan sfrutta gli operai con lunghi orari di lavoro e bassi salari. Nel Guangdong gli operai chiedono aumenti e migliori condizioni e molte ditte spostano altrove la produzione. Sospesa la licenza a 764 fabbriche di giochi “non in regola”.4db974ed73804a718b483a184da3d561.jpg

Hong Kong (AsiaNews/Agenzie) – Per fare i giocattoli di Natale della Disney, centinaia di operai nella fabbrica Tianyu Toys a Dongguan (Guangdong) sono costretti a lavorare fino a 16 ore al giorno, dalle 8 di mattina fino a oltre mezzanotte, ricevendo 3 yuan l’ora per lo straordinario, meno della metà del minimo di legge. Jenny Chan di Studenti e docenti contro le aziende scorrette, gruppo di Hong Kong per la tutela dei lavoratori, denuncia che a settembre gli operai hanno scioperato, ma sono solo riusciti ad avere un aumento a 3,5 yuan l’ora per gli straordinari. Il gruppo dice anche che molti operai ricevono salari mensili di appena 5-600 yuan (66-80 dollari).

La ditta respinge l’accusa e Alannah Gross, portavoce della Disney, si limita a promettere “accurati accertamenti”.

Grazie al basso costo della mano d’opera, in Cina sono prodotti la gran parte dei giocattoli mondiali. Ma ora gli operai chiedono migliori condizioni e sempre più ditte portano altrove la produzione. La ditta leader giapponese Tomy ha il 90% della sua produzione in Cina, ma l’1 novembre ha detto che vuole spostare altrove (forse in Vietnam e Thailandia) entro 3 anni almeno il 30% della produzione cinese.

Dopo gli scambi di denunce dell’estate tra la multinazionale Mattel (che ha ritirato dal mercato mondiale oltre 18 milioni di giochi accusando le fabbriche cinesi di non avere rispettato i requisiti di sicurezza) e le fabbriche cinesi (che hanno risposto che le carenze dipendevano soprattutto dai progetti della Mattel), resta alta l’attenzione mondiale sulla sicurezza dei giocattoli. Nei giorni scorsi la ditta Toys “R” Us Inc. ha richiamato circa 16mila giochi per l’uso di vernice con eccessiva quantità di piombo. Il 31 ottobre il governo del Guangdong ha revocato o sospeso la licenza di produzione a 764 fabbriche di giochi per “problemi sulla qualità” e ad altre 690 ha dato un termine “per rinnovare gli impianti e migliorare la qualità dei prodotti”.

2 novembre

Riporto l’editoriale di oggi su Avvenire:

LA MEMORIA DEI DEFUNTI
 SIAMO SOFFIO ACCENTO D’ETERNO

  DAVIDE RONDONI

O
ggi la notizia è la morte. Ma non co­me tutti gli altri giorni. Quando la morte di uno o di tanti ci arriva come no­tizia, violenta e penosa, e pur così con­sueta, triturata e quasi predigerita per il fatto stesso d’esser divenuta titolo o ar­ticolo sui giornali o in tv. No, oggi la mor­te arriva come notizia che ci riguarda. Siamo una società dominata dalla mor­te, dal suo sentimento e dalla sua spet­tacolarizzazione. Nutriamo depressioni e sensi opprimenti del limite, nell’arte spesso esibiamo corpi in preda ad ana­tomie o autopsie. E notiziari e vari you­tube pullulano di immagini di morte. Di sorella morte, come la chiamò rispetto­so e familiare il primo grande poeta e santo italiano, facciamo spesso carne­vale e commedia, esorcizzando. A volte simpaticamente. A volte, con più bana­le e oscura ovvietà, seguendo mode e mi­sere magie.
  Fissata in un tempo in cui non c’erano giornali e tv, la ricorrenza della memo­ria dei defunti arriva a ricordarci la noti­zia della nostra stessa morte, che per co­sì dire inizia e più ci duole in quella dei nostri amati. Arrivava sui calendari e og­gi sui giornali la notizia che portiamo scritta nelle ossa, nel correre del sangue, tra le linee della mano: siamo qui prov­visori. Siamo meno di un soffio: così a­vrebbero dovuto titolare oggi i giornali. E forse avrebbero offerto, una volta tan­to, un colpo salutare. Un salutare scora­mento, un venir meno di sicurezze cri­stallizzate, una ferita. Siamo un soffio in un turbinoso e vasto movimento di astri e millenni. Ben prima che la scienza ce lo facesse vedere, e analiticamente cal­colare, i salmisti e i poeti da sempre di­cevano che la vita di un uomo è un ‘qua­si’ niente nel gran teatro della vita. No­tizia dunque che ben più di altre abbat­te la nostra superbia e la ubriaca alacrità con la quale tutti, o quasi tutti, sembria­mo presi dal breve giro degli affanni, dei tornaconti immediati. E notizia che ben più di altre innalza la nostra dignità: non siamo fatti solo per misurarci e compierci in un soffio d’anni, ma per confrontarci con il grande mare dell’eterno che si a­pre dietro a quella porta.
  La morte è un problema della vita. Un laicissimo e religioso problema della vi­ta. Come dire: un ragionevole problema. Da come guardiamo la morte – altrui e nostra – si capisce come guardiamo la vita. Siamo quasi niente. La morte dun­que è la conferma del nostro niente? O al contrario la conferma, del nostro es­ser ‘quasi’ niente? In altre parole, è una sorta di coperchio finale che cala sulla nostra esistenza breve o lunga, e sigilla nel nulla tutto quel che abbiamo vissu­to e sentito? O è una specie di accento fi­nale, di intonazione ultima data alla vi­ta, di accordo trovato tra il tempo e l’e­terno, tra il finito e l’infinito? Mille e mil­le sono i modi con cui gli uomini hanno immaginato di trovare questo accordo. Mille i modi con cui hanno cercato di modulare questo accento, di lanciare il ponte tra tempo e durata oltre di noi. Mo­di religiosi e modi idolatri.
  Oggi prevale la cura della fama, come se essa piccola o grande che sia, assicuras­se un merito alla vita. Durare sì, nelle chiacchiera degli uomini o nelle intito­lazioni delle strade. I famosi sembrano i più fortunati e forti tra gli uomini. Ma ‘l’uom s’etterna’ solo perché la sua fa­ma dura oltre la sua fine? O forse, come ha espresso Dante, la fama è la preoccu­pazione un po’ isterica di intellettuali co­me Brunetto Latini, una finta, una ma­lacopia dell’eterno? Solo l’incontro con Beatrice, con una presenza amata e pie­na di grazia, introduce l’uomo a speri­mentare la vertigine e il mistero buono dell’al di là, dell’eterno che inizia nel tem­po e ci chiama. Senza quell’incontro, la memoria dei morti diventerebbe solo un incubo, un farsi amaro sangue, un’om­bra da cui dopo breve sosta fuggire, co­me nelle struggenti epigrafi antiche.
  Invece oggi li ricordiamo, i nostri cari morti, con dolente desiderio. Sapendo che l’aggettivo cari è più importante e duraturo di quell’altra parola lì accanto.

don Benzi

Traggo dal sito di Misna:

 

SCOMPARSO DON BENZI, FONDATORE DELLA COMUNITÀ GIOVANNI XXIII

Si è spento nella notte don Oreste Benzi, presidente e fondatore della comunità Papa Giovanni XXIII, guida di numerose attività a favore dei giovani, degli emarginati e della pace. Don Benzi si è sentito male nella sua abitazione a Rimini, a causa di un attacco cardiaco. Il sacerdote accusava un malessere già da un paio di giorni ed oggi avrebbe dovuto vedere un medico. “È stato sorridente fino alla fine, ci ha lasciato col sorriso” ha detto Giampiero Cofano, della segreteria dell’associazione che è stato accanto al sacerdote nei suoi ultimi momenti. “Instancabile apostolo della carità” come lo ha chiamato papa Benedetto XVI nel suo messaggio di cordoglio, don Benzi aveva fondato la comunità nel 1968 ed aperto la prima ‘casa famiglia’ nel 1972: oggi l’associazione, attiva in 15 nazioni oltre l’Italia, comprende 200 case d’accoglienza, 15 cooperative sociali in cui sono inseriti soggetti svantaggiati e portatori di handicap, 32 comunità terapeutiche per tossicodipendenti ed etilisti, strutture di accoglienza per i poveri. Tra le iniziative d’avanguardia sostenute dal don Benzi anche l’‘Operazione Colomba’, un’associazione a sostegno dell’obiezione di coscienza in cui gli obiettori, debitamente selezionati e formati nelle pratiche della non violenza, erano inviati “a stendere ponti e lenire ferite” tra la popolazione civile in zone di guerra. Dal 1991 il sacerdote aveva scelto di difendere le prostitute, vittime della tratta internazionale che seguono le rotte dell’immigrazione. Nel 2003, anche per sollecitare l’attenzione delle istituzioni e risvegliare la coscienza pubblica su questo problema, don Benzi andò da Papa Giovanni Paolo II con una prostituta africana salvata dalla tratta ma già malata di Sida/Aids, in un incontro che commesse il Pontefice e l’opinione pubblica. Proprio la drammatica condizione delle donne costrette a vendersi sulle strade italiane è stato l’ultimo pensiero pubblico espresso da don Benzi, e riportato oggi da più di una testata. La camera ardente verrà allestita oggi alle 12,00 nella parrocchia La Resurrezione in via della Gazzella, mentre il funerale si svolgerà lunedì alle 10,30 nel Duomo di Rimini.

Dalai Lama

PECHINO: “SERIE RIPERCUSSIONI” SE IL DALAI LAMA INCONTRA IL PAPA
Il leader buddista dovrebbe essere a Roma il prossimo 13 dicembre. Pur non avendo relazioni diplomatiche con la Santa Sede , il ministero cinese degli Esteri minaccia danni ai rapporti bilaterali in caso di incontro fra Benedetto XVI ed il Dalai Lama.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Il governo cinese ha minacciato ieri il Vaticano di “serie ripercussioni” alle relazioni bilaterali se il Papa dovesse incontrare il Dalai Lama, che dovrebbe essere a Roma il prossimo 13 dicembre. Al momento, Pechino e la Santa Sede non hanno rapporti diplomatici.
 

Liu Jianchao, portavoce del ministero cinese degli Esteri, ha detto: “Speriamo che il Vaticano non faccia nulla che possa colpire i sentimenti della popolazione cinese, e mostri sincerità nel migliorare i rapporti con la Cina intraprendendo azioni concrete”.

Pechino ha sempre sostenuto che il Dalai Lama non è un leader religioso, ma un pericoloso separatista che cerca l’indipendenza del Tibet, invaso dalle truppe cinesi nel 1950. In quest’ottica, il governo cinese ha condannato con forza i recenti incontri fra il leader tibetano ed i vertici politici di Stati Uniti, Canada e Germania avvenuti nell’ultimo anno.

Il governo americano, inoltre, ha conferito al Dalai Lama la medaglia d’oro del Congresso, la più alta onorificenza civile del mondo statunitense. In risposta, Liu ha sostenuto che “quei Paesi che decidono di trattare bene il capo dei separatisti tibetani, danneggiano la propria immagine”.