Gemma n° 2270

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È da due mesi che devo portare la gemma, ma tra una cosa e l’altra non ho mai avuto occasione.
In più tutti sono testimoni di quanto io fossi indecisa e abbia cambiato idea mille volte perché volevo portare qualcosa di significativo per me e riuscire a raccontarlo.
Oggi come gemma vorrei portare una perla di saggezza a cui hanno contribuito due miei cari amici.
Un mese fa io e il mio ragazzo, ormai ex, ci siamo lasciati e ci sto ancora male, perché quando una cosa che ti faceva stare benissimo ti viene tolta dalla tua quotidianità ci si sente come se mancasse un pezzetto.
È da qualche giorno che io dico di sentirmi come una mela che è stata morsa e che quindi ha paura di “marcire” e peggiorare, perdere la sua scintilla diciamo. E allora, come faccio spesso e volentieri, proprio ieri sera ho chiesto consiglio al mio angelo custode A.

Ieri sera:
E le ho scritto in un mio momento di malinconia che accade frequentemente in questo periodo: mi sento come una mela morsa cosa dovrei fare?
A: “La mela rimarrà morsa, il morso non si può riattaccare. Ma quando troverai la persona giusta o passando del tempo da sola, inizierai a dimenticare la presenza di questo morso”
> “E se fa i vermi e poi marcisce?”
A: “se la conservi bene non succede”
> “Consigli su come conservarmi meglio?”
A: “Devi tenere a te stessa per preservare il resto della mela. Non pensare troppo a trovare qualcuno di giusto, ma inizia ad apprezzare la tua stessa compagnia e le cose che ti circondano. Fare le cose che ti piacciono e che ti fanno stare bene. E (non fare come me) agisci eventualmente quando vedi un possibile interesse da parte di qualcuno, ovviamente se interessa anche a te”

Stamattina:
Ho raccontato a M. la questione della mela per sapere cosa ne pensasse.
E a ciò che ha detto A. ha aggiunto:
M: “La mela si deteriora solo in quel punto lì, intorno, quindi rimane intera e resiste, e tu resisti”
M: “Quando sarai piena di morsi fammi sapere”
> “Quella volta cambieremo la mela piantando i semi e ne farò crescere un’altra”.
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P: “Potresti anche cercare il limone.
Se lo spruzzi sulla mela impedisce di ossidarsi e cicatrizza”
(grazie prof)
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(G. classe quarta).

Resistiré

L’anno scorso, guardando la serie di Netflix Élite, sono rimasto colpito da una canzone spagnola. Si tratta di un vivace brano scritto originariamente dal gruppo Dúo Dinámico nel 1988 e che è stato scelto da un collettivo di cantanti (tra cui Álvaro Soler) per supportare il popolo spagnolo durante il periodo della pandemia. La versione contenuta nella serie tv (qui sotto) è musicalmente molto diversa e molto più intima. Il testo parla della capacità di resistere e di reggersi in piedi davanti alle difficoltà, anche nei momenti in cui pare non esserci alcuna via d’uscita. Quando anche il silenzio fa paura e neppure i ricordi sono di conforto, quando il futuro è precluso e noi stessi diventiamo i nostri nemici, insomma, quando il vento si fa molto forte abbiamo comunque la possibilità di fare come i giunchi che si piegano, assecondano l’aria, ma non staccano i piedi dal suolo.
Resisterò per continuare a vivere,
Sopporterò i colpi e non mi arrenderò mai
E anche se i sogni mi si romperanno in mille pezzi
Resisterò, resisterò.

Gemma n° 2067

“Ho deciso di portare Mockingbird di Eminem perché oltre ad essere una delle mie canzoni preferite, per me ha anche un significato molto profondo. Rappresenta l’amore di un padre verso la figlia che cerca di provare a uscire dalla povertà per assicurare una vita migliore alla sua famiglia in cui la madre è assente. 
Questa canzone è molto importante per me perché me l’ha consigliata una persona a cui ero molto legata ma con cui ho perso i rapporti e mi ricorda le giornate in cui passavamo ad ascoltare questa canzone e in cui parlavamo di musica, infatti avevamo gli stessi gusti in questo campo. Adesso ascoltando questa canzone mi commuovo quasi ogni volta, sia perché è una canzone particolarmente triste sia perché mi ricordo dei bei momenti che io e questa persona abbiamo vissuto insieme. Penso anche al fatto che le amicizie (come tutti i rapporti con le persone) non possano mai durare per sempre e bisogna vivere ogni attimo al meglio, sia i momenti tristi che quelli felici e assaporarne tutte le sfumature. 
Questa canzone racconta anche di tutte le fatiche che hanno dovuto affrontare per arrivare a vivere una vita migliore (anche se quest’ultima parte non è specificata nella canzone ma è la storia del passato di Eminem) e insegna che nonostante si vada incontro a delle difficoltà o a dei problemi non bisogna mai darsi per vinti e cercare di andare avanti e di sistemare i problemi. 
Mi dispiace molto che da molti questo tipo di musica venga sottovalutata e sminuita perché “non convenzionale” oppure perché è una musica non cantata ma quasi parlata, proprio perché anche se alcune canzoni non sembrano avere un senso in realtà ce l’hanno. Non è il caso di questa canzone perché il senso si capisce, ma comunque penso che ognuno dovrebbe provare ad ascoltare non solo un solo genere di musica ma allargare i propri orizzonti per poi magari scoprire che anche altre canzoni sono belle” (G. classe seconda).

Gemma n° 2061

“In questa foto sono insieme a tre compagni di squadra: siamo due allievi e un giovanissimo. Mi voglio soffermare sul ragazzo al centro, appena rientrato dopo due anni passati senza giocare a calcio per motivi che non voglio specificare. Lo conosco da un anno e abbiamo subito legato. Io pensavo, vista la lunga pausa, che non giocasse molto bene, invece ha lottato su ogni pallone. Per me lui è un esempio di come lottare su ogni cosa per tornare a fare ciò che più piace, in questo caso giocare a calcio” (M. classe seconda)

Gemma n° 1921

“Questa canzone di Sia doveva essere quella di un passo a due che dovevo fare con una mia compagna di danza per il saggio 2020 che poi, per ovvie ragioni, non abbiamo potuto fare. Ogni volta che la ascolto mi dà la speranza che tutto questo finisca e si possa tornare a ballare normalmente senza distanza”.

Non ha fatto una diretta correlazione tra le sue parole e il significato di Elastic heart A. (classe seconda). Però quella pelle resistente, quel cuore elastico, quel combattere ancora… tutte armi messe in campo per far fronte a questi due anni. E l’ammissione della debolezza “sono come un elastico fino a quando non lo tiri troppo”. Sia non lo dice, ma ad un elastico troppo teso possono succedere due cose: rompersi in due pezzi o allungarsi, perdere elasticità e diventare corda. Combattiamo ancora…

Turoldo, poeta degli ultimi

Fonte

Il 6 febbraio 1992 si concludeva a Milano l’esperienza terrena di David Maria Turoldo, teologo, poeta, profeta friulano. La scorsa settimana, nel giorno dell’anniversario, l’Aula Magna del mio liceo ha ospitato l’Associazione culturale Padre David Maria Turoldo.

La Dirigente Gabriella Zanocco ha salutato così i presenti: “Come scuola ci sentiamo veramente e sinceramente onorati per aver potuto offrire a voi l’occasione di vivere questo incontro. Non siamo di fronte ad una conferenza tradizionale o a quelle a cui siamo tradizionalmente abituati, dove si dicono delle cose che hanno una ricaduta più o meno interessante, più o meno didattica. Il tema di questa conferenza che si incentra su un uomo particolare vuole portare tutti noi e tutti voi a una riflessione profonda, a ragionare cosa significhi l’umanità e vivere profondamente l’umanità. Sono parole che hanno un loro peso forte e io credo che oggi, in questo momento storico abbiano un peso maggiore che in altri momenti. Che cos’è l’umanità? Cosa significa? Quando andavo a scuola mi hanno insegnato che le parole accentate sono parole astratte. Umanità è una parola accentata, ma non c’è niente di più concreto, se noi guardiamo al significato di questo termine e lo rapportiamo alla storia in generale, non soltanto alla storia di oggi, ma a tutto l’arco storico dell’umanità stessa. Allora una riflessione su padre Turoldo fatta oggi, anniversario della sua morte, credo che debba essere fatta e debba essere fatta soprattutto con i ragazzi, con l’umanità del futuro, con l’umanità che viene chiamata a essere direttiva nel futuro. Dove ci portano certe scelte e quali valori devono essere per noi irrinunciabili? Grazie per le riflessioni che verranno fatte oggi ma soprattutto grazie per le riflessioni che dovremo noi tutti fare domani”.

La Direttrice del Comitato Scientifico dell’Associazione, Raffaella Beano, ha introdotto quindi la figura di padre Davide e la visione di un filmato. Ha quindi invitato a prendere la parola Ermes Ronchi, friulano, anche lui teologo dell’ordine dei Servi di Maria e amico di padre Davide.

“Sono molto emozionato di essere davanti a tanti bei volti, a tanti begli occhi perché è in questa bellezza che riposa la speranza di noi che abbiamo già navigato.
Quando padre David arrivava nella mia casa natia a Racchiuso di solito era sera e arrivava sempre con degli amici, mai da solo: aveva un bisogno fisico di avere degli amici attorno. Arrivava e iniziava dal fondo del lungo cortile che porta alla casa – era già sera, i contadini vanno a letto presto, le luci spente, ma a lui non importava: quando arrivava in un posto diceva “Adesso, chi andiamo a tirar giù dal letto?” – a dire “Mariute, atu alc di mangjâ?”. Scendevano il papà e la mamma; il papà scendeva in cantina a prendere un salame perché era quello che lui desiderava e poi lui lo preparava, preparava le fette, tagliava la cipolla, il salame con l’aceto, il salam cun l’asêt, il fast-food contadino, era il nostro McDonald’s. Quando c’era urgenza, fretta, fame e voglia di stare insieme con semplicità il papà correva con i boccali del merlot dalla cantina. Ogni incontro con lui era un evento, diventava un evento di cui poi si parlava a lungo perché uscivi arricchito da ogni incontro con lui…
E’ stato uno degli uomini dell’Italia di quegli anni che più è ricordato. Perché? Perché era un poeta ed un profeta, questa la sua forza: la poesia e la profezia. Apparteneva alla gente di questa nostra terra, ma aveva le finestre aperte ai grandi venti della storia. Ben radicato, amava il suo Friuli, ma aperto a tutti i movimenti. Nella sua chiesa di Fontanelle arrivava gente da tutta Europa ed era diventato il laboratorio liturgico più importante del mondo in quell’epoca del post Concilio. Non solo dall’Europa, ma da tutti i movimenti popolari, dall’America Latina, che allora gemeva sotto le dittature militari, arrivava gente perseguitata, arrivavano profughi e lui li accoglieva. La sua casa era un crogiolo di storia e di futuro.
A incontrarlo ti colpiva subito, da un lato la sua forza contadina, le grandi mani, la sua imponenza e irruenza da antico guerriero vichingo (Turoldo è un  nome vichingo, un nome normanno che dice e tradisce la sua origine e anche la sua fisicità), dall’altro i suoi occhi che si commuovevano, occhi infantili e chiari, contrasto tra quella voce profonda, da cattedrale o da deserto, e l’invincibile sorriso degli occhi azzurri. Figlio di questa nostra terra friulana, scriveva, “dove gli occhi di tutti diventano azzurri a forza di guardare”.
Il suo nome da ragazzo era Bepo, Bepo rôs, rosso, il soprannome che gli davano i compagni per i capelli rossi, che poi con l’età sono diventati di un biondo meno inquietante. Io conservo di lui trent’anni di amicizia, trent’anni in cui è stato il mio riferimento, l’amico. Ho subito da parte sua una seduzione di lungo corso e che continua dopo tanti anni dalla morte con la brezza dell’amicizia e il vento impetuoso che scuote ancora, brezza e uragano insieme; lui era così, era dolce e combattivo. Aveva un grandissimo amore per la vita che mi colpiva sempre, era amore per l’uomo, per gli amici, per la festa, l’incantamento che provava davanti alla natura, ad un fiore sul muro, la gioia concreta del buon vino bevuto con gli amici. Ricordo le partite a scopone scientifico la domenica sera a Fontanelle, finite tutte le celebrazioni, con gli amici; erano quattro amici, sempre coppie fisse, e le risate e i pugni battuti sul tavolo per una giocata sbagliata e poi le notti a ragionare insieme di poesia e di Dio. Mi ha insegnato ad amare con la stessa intensità il cielo e la terra, questa era la sua grande caratteristica. E, come diceva la Dirigente prima, la caratteristica di Turoldo si trova nelle sue parole: “Guardate che il criterio fondamentale per decidere le vostre scelte, è questo: scegliete sempre l’umano contro il disumano”. Questo è importantissimo soprattutto oggi, in cui viene avanti il disumano ragionevole: si ammantano scelte disumane di ragionevolezza, si truccano di bene comune o di difesa del bene comune scelte disumane. Su questo è necessario per tutti noi vegliare.
Che cosa lo fa essere così vivo? La poesia e la profezia, e poi questa insurrezione di libertà; ci ha contagiato di libertà, di sogni e della passione per Dio. Il mondo, per lui, si divideva non tanto fra poveri e ricchi, no, c’era qualcosa di più profondo… lui diceva “Il mondo si divide tra i sottomessi, i sotans, e i ribelli per amore”, così si chiamavano gli uomini della resistenza a Milano. Ecco, lui era, con tutto se stesso, un ribelle per amore. Aveva quella doppia beatitudine segreta, non scritta nel Vangelo, ma scritta dal dito di Dio nella vita di tanti… aveva due beatitudini: quella degli uomini liberi – beati gli uomini liberi e le donne libere, beato l’uomo e felice la donna che ha sentieri nel cuore, strade di libertà – e quella degli oppositori – beato chi sa opporsi al mare, beati coloro che hanno il coraggio dell’opposizione all’ingiustizia, all’indifferenza, allo spirito di sconfitta. Credo che questa opposizione all’ingiustizia sia estremamente importante; se vedi una situazione di ingiustizia e non ti schieri, allora tu ti metti dalla parte dell’oppressore, non ci sono alternative. Lui si opponeva per ubbidienza all’umano, e per ubbidienza alla parola di Dio. Si opponeva a tutto ciò che umilia, emargina, crocifigge, sottomette, ciò che chiude; si opponeva con la parola, con la radio, coi giornali, con i libri. In difesa dei poveri la sua voce diventava un ruggito, il ruggito di un leone. Sapendo che la caratteristica dei profeti, la garanzia della profezia è la persecuzione, lui è anche stato perseguitato.
In lui c’era una sorta di spiritualità friulana, se così si può dire che consisteva in questo:

  1. la terra: “la terra è l’immagine di mia madre” oppure “mia madre è l’immagine di questa mia terra”. “Guardavo da ragazzo il volto della Madonna addolorata e il volto di mia madre e non sapevo distinguere l’una dall’altra, si confondevano”. Tre unità fuse tra loro: la terra, la madre, la Madonna;
  2. la gente: la sua spiritualità era quella della gente lavoratrice, povera e di cuore, gente di emigrazioni, ma anche un popolo cantore. Davide amava le villotte, quest canti popolari teneri e forti che terminano però sempre in maggiore, in speranza;
  3. il paese: l’eredità friulana di Davide non è la città o la cittadine, ma sempre il paese, luogo di relazioni, di legami, di radici antiche. Coderno è stato l’elemento fondante della sua spiritualità friulana;
  4. l’essenzialità: poca polvere. Quando io dovevo cominciare a predicare mio papà mi diceva “Pocjis e che si tocjin”, poche parole e concrete. E lui era così: essenziale e concreto. Tutti i profeti hanno un linguaggio franco diretto, un linguaggio che non gira attorno alle cose, che tocca anche le parole degli argomenti più difficili;
  5. il senso di libertà: il senso di libertà e di autonomia che la nostra gente custodisce dai secoli del Patriarcato, senso di diffidenza istintiva davanti a ogni potente, davanti a ogni arroganza

Ecco, se noi potessimo cogliere ancora qualcosa di tutto questo penso che il vero conformarsi, il vero suffragio, lui scrive… “è conformare le nostre azioni ai forti esempi”. Lui è un forte esempio cui conformare le nostre azioni”.

A questo è seguita la visione di alcuni spezzoni del film “Gli ultimi” commentati da padre Ermes (sarà oggetto di un altro post…).

La cosa più difficile

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“La cosa più difficile, di fronte alla brutalità, è continuare a disegnare cose tenere. Anche Cristo, per amare il prossimo, ce la doveva mettere tutta”
Joann Sfar (Se Dio esiste, p. 4)

Gemme n° 248

Ho scelto una scena del film “Unbroken”, uscito a gennaio; mi è piaciuto, penso sia fatto molto bene. Ho optato per questa sequenza perché molto intensa ed emozionante, in cui il protagonista dimostra tutta la sua forza, fisica e di volontà”. Questa la gemma di M. (classe quinta).
Vista l’ambientazione del film, mi è venuta alla mente una citazione del fondatore di una delle più note correnti di pensiero filosofico-religioso dell’Oriente, Confucio: “Si può sconfiggere il generale che comanda tre armate, ma non si può smuovere la ferma volontà di un uomo semplice”.

Gemme n° 225

Ho portato come gemma una canzone che ascolto come minimo una volta a settimana; quando ho un problema, di qualsiasi tipo, mi aiuta a trovare una via d’uscita; per ogni momento, anche il peggiore, c’è una strada da percorrere. Bisogna riuscire a trovare il positivo anche nelle cose negative. La canzone mi aiuta molto, mi dà forza”. Questa la gemma di M. (classe quinta).
In un’ora buca di stamattina ho aperto un file che avevo messo in disparte e vi ho trovato una citazione che potrebbe starci bene qui: “Volevo che tu imparassi una cosa: volevo che tu vedessi che cosa è il vero coraggio, tu che credi che sia rappresentato da un uomo col fucile in mano. Aver coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare ugualmente e arrivare sino in fondo, qualsiasi cosa succeda. E’ raro vincere, in questi casi, ma qualche volta succede” (Harper Lee, Il Buio Oltre La Siepe).

Gemme n° 134

Mikasa2Ecco la gemma di B. (classe terza): “Ho portato questo porta chiavi che ha regalato l’allenatore a me e alla mia squadra di pallavolo. Ce l’ha regalato nel giorno dell’allenamento precedente alla partita contro le prime in classifica, che purtroppo, comunque, non ha avuto il risultato sperato.

Il portachiavi mi ricorda la regola di non mollare mai: un principio che non vale solo nello sport, ma anche nella scuola e con il gruppo di amici, o più in generale nella vita di ogni giorno.

Questo è un insegnamento che ci riporta sempre il nostro allenatore: egli è molto coinvolgente, ogni partita riesce a motivarci e caricarci nel modo giusto; durante la settimana ci invia messaggi di incoraggiamento e ci aiuta a trovare la grinta per affrontare la sfida che ci attende. Più volte inizia scrivendo :”Buon giorno guerriere!” e questo ci fa capire che conta molto su di noi e che siamo il suo “esercito”.

Riassumendo il suo insegnamento è che non bisogna mai arrendersi. Mai mollare. Mai lasciare che gli avvenimenti passino senza intervenire. Mai deprimersi.

Se la palla cade in campo, si penserà alla ricezione successiva. Se si prende un brutto voto, si studierà di più per il prossimo compito. Se ti molla il ragazzo, una nuova amicizia nascerà. Bisogna reagire e partecipare, non lasciare che le cose accadano senza averne fatto parte. Dare una svolta all’azione. Modellare il momento con le proprie mani.

Usando una metafora: Buttarsi e cercare di toccare la palla. Dimostrare di sapere. Accettare. Si può continuare solo esprimendo se stessi, il proprio pensiero, la propria opinione. Interporsi nelle decisioni. Non lasciarsi abbattere, affliggere, demoralizzare. La vita va avanti, si deve affrontare il gradino seguente per non restare indietro.

NON MOLLARE MAI”

Mentre leggevo le parole di B. (non ha voluto farlo in prima persona) mi sono venute in mente le parole di Al Pacino in “Ogni maledetta domenica” che proprio due settimane fa ho dedicato alla mia squadra visto che non potevo scendere in campo:

In questa squadra si combatte per un centimetro. In questa squadra massacriamo di fatica noi stessi e tutti quelli intorno a noi, per un centimetro. Ci difendiamo con le unghie e con i denti per un centimetro. Perché sappiamo che quando andremo a sommare tutti quei centimetri, il totale allora farà la differenza tra la vittoria e la sconfitta, la differenza tra vivere e morire. E voglio dirvi una cosa: in ogni scontro è colui il quale è disposto a morire che guadagnerà un centimetro. E io so che se potrò avere un’esistenza appagante sarà perché sono disposto ancora a battermi e a morire per quel centimetro. La nostra vita è tutta lì. In questo consiste, e in quei 10 centimetri davanti alla faccia.

Ma io non posso obbligarvi a lottare! Dovrete guardare il compagno che avete accanto, guardarlo negli occhi. Io scommetto che ci vedrete un uomo determinato a guadagnare terreno con voi. Che ci vedrete un uomo che si sacrificherà volentieri per questa squadra, consapevole del fatto che quando sarà il momento voi farete lo stesso per lui. Questo è essere una squadra, signori miei! Perciò… o noi risorgiamo adesso, come collettivo, o saremo annientati individualmente. È il football ragazzi! È tutto qui. Allora, che cosa volete fare?”

Gemme n° 98

Ho voluto mostrare questo video perché questo è il mio sport anche se io riesco fare una piccola parte di quello che qui si vede. Si vedono pochi filmati in cui sono le ragazze ad essere protagoniste e ciò mi sprona a continuare e a portare a compimento quello che ho iniziato. Sento di non dovermi arrendere davanti agli ostacoli, non devo aggirarli: essi vanno affrontati insieme alle mie paure. Penso sia una disciplina che aiuti anche nel resto della vita: non si può far finta che gli ostacoli non ci siano. E uno degli aspetti che mi piacciono maggiormente è quello di far sembrare facili le cose difficili.” Così oggi A. (classe seconda) ci ha spiegato cosa significhi per lei il parkour.
Non ho potuto fare a meno di pensare ai tanti film che ho visto con Bruce Lee e Jackie Chan e credo che proprio una frase del primo renda bene la sensazione che provo guardando queste sequenze: “Siate come l’acqua che trova la propria via attraverso fessure. Non essere assertivo, ma regolati sull’oggetto, devi trovare un modo per circolare o attraversarlo. Se non si rimane con una forma rigida, le cose si riveleranno per come sono. Svuota la tua mente, sii informe, senza forma, come l’acqua. Se si mette l’acqua in una tazza, essa diventa la tazza. Metti l’acqua in una bottiglia e diventa la bottiglia. Mettila in una teiera e diventa la teiera. Ora, l’acqua può fluire o può bloccarsi. Sii acqua amico mio”.

Gemme n° 74

«Change» di Taylor Swift è una canzone che vuole incoraggiare coloro che stanno subendo una determinata situazione, come degli atti di bullismo. Arriverà giorno in cui si vincerà: e bisogna resistere”. Il testo proposto da T. (classe quarta) fa riferimento a momenti e sensazioni non facili da sopportare: “Così, siamo stati superati di numero, abbiamo subito un’incursione e siamo stati messi all’angolo. E’ dura combattere quando la lotta non è alla pari”. Sembra che il momento di soccombere, perdere e cedere sia molto vicino; e proprio quello in cui si deve cercare di resistere è il momento più difficile, quando servono maggiori forze e risorse. “Stanotte noi restiamo, non rimaniamo in ginocchio, combattiamo per quello per cui abbiamo lavorato in tutti questi anni. E la battaglia sarà lunga, è la lotta delle nostre vite, ma noi ci alzeremo da campioni stanotte”.
Riporto ora alcuni versi de “La notte dei desideri” di Jovanotti, perché vi trovo delle affinità con quanto proposto da T.: “È una notte come tutte le altre notti, è una notte che profuma di avventura. Ho due chiavi per la stessa porta per aprire il coraggio e la paura; vedo un turbinio di gente colorata che si affolla dietro a un ritmo elementare. Attraverserò la terra desolata per raggiungere qualcosa di migliore… Vedo Cristoforo Colombo il marinaio: è arrivato il mio momento per partire. Cosa pensa il trapezista mentre vola? Non ci pensa mica a come va a finire!”.

Gemme n° 63

E’ un video quello proposto da M. (classe quarta): “Penso siano parole e immagini importanti per chi attraversa l’adolescenza e si trova ad affrontare problemi di scuola, amore e amicizia”.

Le parole che mi vengono in mente alla fine di questo filmato sono esattamente quelle di Sergio Barbarén della gemma 61 🙂

Se ognuno aspetta che sia l’altro a iniziare

«Non dovrebbe ogni uomo, in qualunque epoca viva, ragionare continuamente come se un istante dopo dovesse essere portato davanti a Dio per il giudizio?» (Sophie Scholl)

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Sessant’anni fa, il 22 febbraio 1943, Sophie Scholl, Hans Scholl e Christoph Probst, tre giovani del gruppo di resistenza tedesco la “Rosa Bianca” furono processati e decapitati. La colpa? Aver scritto e distribuito sei volantini antinazisti.

Scrivevano nel primo dei sei volantini:

“Non c’è nulla di più indegno per un popolo civile che lasciarsi “governare”, senza alcuna opposizione, da una cricca di irresponsabili dominati dai propri istinti. Non è forse vero che ogni onesto tedesco oggi si vergogna del suo governo? E chi di noi ha idea delle dimensioni dell’infamia che un giorno cadrà su di noi e sui nostri figli, quando sarà caduto il velo dai nostri occhi e saranno venuti alla luce i crimini più orribili, infinitamente superiori ad ogni misura? Se il popolo tedesco è già così corrotto e deteriorato nella sua più intima essenza, da rinunciare, senza alzare neppure una mano e in una sconsiderata fiducia nella discutibile legittimità della storia, al bene supremo che un uomo possiede e che lo eleva al di sopra di ogni creatura, ovvero alla libera volontà; se rinuncia alla libertà dell’uomo di intervenire sul corso della storia e sottoporlo alle proprie decisioni razionali; se i tedeschi, così privi di ogni individualità, sono ormai diventati una massa tanto insulsa e vile, allora davvero meritano la rovina.

Se ognuno aspetta che sia l’altro ad iniziare, i messaggeri della Nemesi vendicatrice si avvicineranno sempre di più, senza limiti, e allora anche l’ultima vittima sarà stata gettata senza senso nelle fauci del demone insaziabile. Per questo, in quest’ultima ora, ogni singolo, consapevole della propria responsabilità come consociato della civiltà cristiana e occidentale, deve opporsi finché può, lavorare contro il flagello dell’umanità, contro il fascismo e contro ogni sistema di Stato assoluto simile ad esso…”

Per chi volesse saperne di più: qui.

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