Gemme n° 18

E’ una canzone che mi rassicura” dice S. (classe quarta) presentando la sua gemma. La canzone è dei Simple Plan e si intitola “This Song Saved My Life”.

Le parole iniziali dicono: “Voglio iniziare facendoti sapere questo. Grazie a te la mia vita ha uno scopo, mi hai aiutato ad essere quel che sono oggi. Mi rivedo in ogni parola che dici, a volte sembra che nessuno mi comprenda. Sono intrappolato in un mondo in cui tutti mi odiano, sto passando per così tante cose. Non sarei qui se non fosse stato per te”. Quindi dietro alla canzone salvavita c’è anche qualcuno; e infatti S. conclude dicendo “è la storia di un’amicizia importante”.
Questi sono i versi che hanno salvato me, parlano d’amore perché è l’amore quello che mi ha salvato: “Vorrei con te da solo sempre viaggiare, scoprire quello che intorno c’è da scoprire per raccontarti e poi farmi raccontare il senso d’ un rabbuiarsi e del tuo gioire; vorrei tornare nei posti dove son stato, spiegarti di quanto tutto sia poi diverso e per farmi da te spiegare cos’è cambiato e quale sapore nuovo abbia l’universo. Vedere di nuovo Istanbul o Barcellona o il mare di una remota spiaggia cubana o un greppe dell’Appennino dove risuona fra gli alberi un’usata e semplice tramontana. E lo vorrei perché non sono quando non ci sei e resto solo coi pensieri miei ed io… Vorrei restare per sempre in un posto solo per ascoltare il suono del tuo parlare e guardare stupito il lancio, la grazia, il volo impliciti dentro al semplice tuo camminare e restare in silenzio al suono della tua voce o parlare, parlare, parlare, parlarmi addosso dimenticando il tempo troppo veloce o nascondere in due sciocchezze che son commosso. Vorrei cantare il canto delle tue mani, giocare con te un eterno gioco proibito che l’oggi restasse oggi senza domani o domani potesse tendere all’infinito”.

Gemme n° 17

La gemma proposta da D. (classe quarta) è imperniata attorno al video di “Story of my life” degli One Direction: “Troppi sono i pregiudizi su questa band in Italia: sembra che suonino solo per teenagers superficiali e vuote. Io con questa canzone voglio dire che questa è stata la colonna sonora di questi tre anni e dietro vi sono tante esperienze ed emozioni condivise anche con altre persone”.

Ha ragione D. Ci sono musiche che si fissano nella nostra memoria come i profumi e restano legati a quelle sensazioni in modo indelebile. Poi la musica è certamente soggettiva, può piacere o non piacere, ma questo è il suo lato più bello. E allora allego la canzone che ha segnato i miei tre anni corrispondenti a quelli di D. “Sono qui, tutto solo. La mia mente trasformata in pietra, ho riempito il mio cuore di ghiaccio per evitare che venga spezzato di nuovo. Ti ringrazio, mio caro vecchio amico, ma adesso non puoi aiutarmi, questa è la fine di una storia sbagliata. Stanotte non dormirò. Nel mio cuore, nella mia anima, odio davvero dover pagare questo prezzo. Dovrei essere forte, giovane e audace ma l’unica cosa che sento è il dolore. Va tutto bene, rimarremo amici, ho fiducia in me stesso e diciamo che va tutto bene: stanotte non dormirai da sola”.

Gemme n° 16

Ho portato questa canzone perché è uno dei miei gruppi preferiti. La musica italiana spesso è sottovalutata e denigrata, e devo ammettere che non è poi tanto sbagliato… Ma ci sono anche cose interessanti, come questa.”

E’ stata questa la gemma di A. (classe quarta). “Il testo è molto ricco, mi aiuta a guardare a domani, oltre le cose negative, a vedere le cose in modo diverso.”
Mi soffermo su un piccolo verso della canzone: “E c’è gente che ha un ascensore nella testa e una scala a pioli nel cuore.” Mentre la ascoltavo in classe, questa frase mi ha fatto pensare al fatto che la ragione, la testa, spesso obbedisce alla legge della logica, e quindi cerca la via più breve e magari comoda per arrivare a destinazione; mentre il cuore preferisce la lentezza e il rischio di una scala a pioli, in cui deve essere sicuro di aver poggiato bene il piede prima di avanzare. Tuttavia, in caso di mancanza di corrente, l’ascensore della mente si blocca, la scala del cuore resta in servizio…
Per chi volesse il testo di “Salva gente”: Salva gente

Gemme n° 15

La gemma proposta da F. (classe quinta) è in linea con l’argomento che stiamo trattando, quello della globalizzazione, e con la lezione tenuta in classe la scorsa settimana da un esperto informatico sull’uso e sull’abuso del coltan nella costruzione dei condensatori.

“Dopo la lezione di martedì scorso ho portato questo video: ci sono delle cose che stiamo perdendo, specie animali che si estinguono e il pianeta che sta andando verso un punto di non ritorno”. Forse la cosa che fa più specie è che questo discorso è del 1992!
Se qualcuno vuole leggersi il discorso con calma: Severn Suzuki
Lo commento con una frase dei nativi americani Mohawk:
Quando avrete inquinato l’ultimo fiume
e avrete preso l’ultimo pesce,
quando avrete abbattuto l’ultimo albero,
allora e solo allora vi renderete conto che
non potete mangiare il denaro
che avete ammucchiato nelle vostra banche.”

Gemme n° 14

D. (classe terza) ha iniziato facendoci ascoltare “Guardastelle” di Bungaro.

Questa canzone non rappresenta il mio genere musicale ma mi ricorda i miei genitori: mio padre, che vedo due volte all’anno, e mia madre che ha qualche problema di salute. Poi ho scritto questa cosa, prof, ma vorrei che la leggesse lei per me:
Mi sono chiesta varie volte cosa fosse la vita. Che senso abbia essere al mondo.
La mia conclusione è che viviamo, beh, per vivere.
Trovo incredibile quanto difficile possa essere trovare un sinonimo della parola “vita”.
Gioia?
Amore?
Dio?
Come si potrebbe descrivere un concetto tanto immenso con solo quattro misere lettere?
La vita è colore.
Una scala infinita di rossi, di blu, che si uniscono al giallo, si confondono col nero e invocano il bianco.
Molti animali hanno una vista monocromatica, vedono tutto ciò che li circonda in un unico colore e non se ne rendono neanche conto; non possono neanche immaginare quante altre sfumature ci siano al mondo, e se neanche noi lo sapessimo?
Ci potrebbe essere un ulteriore gamma di colori che non possiamo percepire.
Noi siamo più fortunati, ma non per questo i migliori.
La vita è musica.
Un insieme di note e sinfonie.
Composizione di suoni dolci, suoni caldi, suoni acidi, suoni armonici e contrastanti.
Sospiri. Urla. Sussurri.
Un Mi Bemolle può far nascere un musicista.
Un arpeggio, e poi le scale.
Do.
Re.
Mi.
Fa.
Sol.
La.
Si.
E via avanti. Ci sono i Diesis, i Bemolle. Ma non è finita.
Ci sono un’infinità di chiavi nascoste di cui non conosciamo l’esistenza.
Dei mondi paralleli a cui ci sono stati sbarrati i confini.
La vita è sogno.
Attraverso il nostro cervello passano milioni di immagini mentre dormiamo, eppure ne ricordiamo solo un paio.
Desideri. Ricordi. I nostri peggiori incubi. In una sola notte.
Storie mai raccontate. Colline incantate. Fiabe mai scritte.
E vuoi dirmi che la chiameresti ancora così?
Quattro insulse lettere. Una parola.
No, è molto di più.
E’ un vortice di emozioni e sensazioni che aspettano di essere sentite, raccontate, amate.
E’ qualcosa di astratto, eppure così dannatamente concreto.
Qualcosa d’infinito, racchiuso in un infinito ancora più grande, che fa spazio all’immenso.
Vita. Che parola stupida, non credi?”
Riprendo delle parole della canzone proposta da D.: “Da qui, mi stacco da terra ad immaginare; da qui, chissà se c’è un mistero grande da scoprire; da qui, una libera preghiera per una pace da inventare. Ho fantasia e posso anche volare, la fantasia, lo sai ti fa volare”. Un gran bel volo ci ha fatto oggi, D. Eravamo in classe ma mentre leggevo le sue parole sentivo quelle pareti abbattersi e vedevo occhi e animi dei suoi compagni decollare e farsi un giro attraverso le ali che ci ha prestato.

Gemme n° 13

A. (classe seconda): “Questa canzone l’ho ascoltata praticamente ogni giorno durante l’ultimo anno. Penso che ognuno tema un po’ nel dire agli altri quello che pensa per la paura di essere giudicato. Ecco, secondo me, ciò che emerge da questo brano dei Tre Allegri Ragazzi Morti è che quanto abbiamo dentro sono semplicemente le nostre caratteristiche e non dei difetti da nascondere.” Ecco il video di “La via di casa”:

Riporto alcune delle parole che più mi hanno colpito:
Dimmi che cos’è che fa la vita storta, che ti fa camminare sul lato sbagliato della via di casa; dimmi che cos’è che ti fa differente […] che cos’è per essere come sono, per fare quello che faccio, per dire quello che dico, non chiederò perdono”.
Concludo con una citazione di Oscar Wilde: “Nessuno può essere libero se costretto ad essere simile agli altri”.

Ultima fila

banchi

Siedo in ultima fila per non farmi beccare.
Siedo in prima fila perché tanto i prof tengono d’occhio solo quelli in fondo.
Siedo in mezzo perché è comunque la posizione più comoda: non partono mai da lì per chiedere qualcosa.
Ricordo con piacere gli insegnanti che mi hanno collocato semplicemente davanti ai loro occhi e nei loro pensieri; la posizione che assumevo in classe non aveva alcuna importanza. Contava la mia posizione nella loro attenzione.

Tra paura e liberazione

ballo

Nel settimo capitolo di “E l’eco rispose” Khaled Hosseini fa pensare così Adel, uno dei protagonisti: “Intuiva nell’ansia che la gente aveva di compiacere suo padre, il timore e la paura che erano all’origine del rispetto e della deferenza.” Mi è capitato spesso di osservare persone avere questo tipo di ansia legata al timore e alla paura nei confronti del rapporto con la divinità. Sentimenti che esteriormente appaiono come rispetto e deferenza, ma che interiormente si vivono con disagio, tremore, senso di costrizione (e inoltre: Dio vuole o ha bisogno di essere compiaciuto?). Sicuramente può essere legato all’educazione ricevuta, tuttavia penso che poi arrivi il momento in cui quell’educazione deve essere fatta propria accettandone o respingendone alcuni aspetti, nella convinzione che la strada del rapporto possibile o meno con la divinità non è solo una. SchopenhauerUn pensiero forte e provocatorio per concludere questi pensieri sparsi e lasciare spazio ad altre possibili riflessioni: “Le religioni sono necessarie al popolo, e sono per esso un inestimabile beneficio. Quando però esse vogliono opporsi ai progressi dell’umanità nella conoscenza della verità, allora debbono essere messe da parte con la massima deferenza possibile. E pretendere che anche uno spirito grande – uno Shakespeare, un Goethe – faccia entrare nella propria convinzione, implicite, bona fide et sensu proprio, i dogmi di una qualche religione, è come pretendere che un gigante calzi la scarpa di un nano.” (Arthur Schopenhauer, Supplementi al mondo come volontà e rappresentazione, 1844)

Gemme n° 12

Una delle canzoni più famose dei Black Eyed Peas è stata l’oggetto della gemma presentata da A. (classe seconda). “Propongo «Where is the love?» perché è un brano a cui sono molto affezionata. Purtroppo parla di cose brutte che continuano ad accadere: tocca argomenti sui quali ognuno può avere la propria idea. Dopo il video leggerò la traduzione”.

Prima della traduzione della telefonata a Dio di “Where is the love?”, per restare in ambito BEP, propongo un loro brano che tocca argomenti simili. Si tratta di “One tribe”, in cui si può leggere: “Una tribù, un tempo, un pianeta, una razza, è un unico sangue, non importa la tua faccia, il colore dei tuoi occhi, la tonalità della tua pelle. Non importa dove sei, non importa dove sei stato, perché dove andremo è dove vogliamo essere, il posto in cui il linguaggio è quello dell’unità. E il continente è chiamato Pangea. E le idee principali sono collegate come una lancia. Nessuna propaganda, hanno tentato di prendere il sopravvento su di noi perché, uomo, amo questa pace… Non ho bisogno di alcun leader che usi la forza, che nutra un concetto che mi fa pensare di aver bisogno di temere mio fratello e temere mia sorella”. Ecco il video

Ed ecco la traduzione proposta da A.

Cosa c’è che non va nel mondo mamma?
La gente vive come se non avesse una madre
Penso che il mondo sia drogato di tragedie,
attratto solo dalle cose che portano danni.
Oltreoceano cerchiamo di fermare il terrorismo
ma abbiamo ancora terroristi che vivono qui
negli USA, la grande CIA
i Bloods e i Crips e il KKK.
Ma se ami solo la tua razza lasci solo spazio alla discriminazione
e discriminare genera solo odio.
E quando odi sei obbligato ad essere pieno di rabbia.
Quello che dimostri è solo la tua cattiveria
ed è esattamente il modo in cui funziona e opera la rabbia.
Devi avere l’amore per mettere a posto le cose
devi meditare e lasciare che la tua anima graviti intorno all’amore
RIT.
La gente uccide, la gente muore.
I bambini soffrono e li vedi piangere.
Puoi mettere in pratica quello che predichi e porgere l’altra guancia?
Padre, Padre, Padre, aiutaci, mandaci una guida dall’alto
Questa gente mi fa chiedere: dov’è l’amore?
Non è proprio lo stesso, sempre invariato.
Al giorno d’oggi è strano, il mondo è impazzito:
se l’amore e la pace sono così forti
perché ci sono questi pezzi d’amore che non ci appartengono?
Le nazioni lanciano le bombe,
i gas riempiono i polmoni dei bambini,
la sofferenza continua e si muore da giovani.
Perciò chiediti se l’amore è veramente sparito,
così io potrò chiedermi cosa c’è che non va.
In questo mondo in cui viviamo la gente continua ad arrendersi
prendendo decisioni sbagliate, vedendo solo dividendi.
Non si rispettano, si rinnegano tra fratelli
c’è una guerra in corso, ma le ragioni sono segrete.
La verità è tenuta nascosta sotto un tappeto.
Se non conosci la verità non conoscerai mai l’amore.
Dov’è l’amore, gente, andiamo (non lo so)
RIT.
Sento il peso del mondo sulle mie spalle.
Mentre divento grande, la gente diventa più fredda.
Molti di noi pensano solo a fare soldi.
L’egoismo ci ha portati nella direzione sbagliata,
informazioni sbagliate ci vengono mostrate dai media
che scelgono sempre le immagini negative
infettando le giovani menti più velocemente dei batteri.
I bambini vogliono fare le cose che vedono al cinema.
Cos’è successo ai valori dell’umanità?
Cos’è successo all’eguaglianza e alla parità?
Invece di diffondere amore diffondiamo ostilità.
La scarsa comprensione allontana le vite dall’unità,
ecco perché a volte mi sento depresso,
ecco perché a volte mi sento giù.
Non c’è da stupirsi se a volte mi sento depresso,
devo essere fiducioso finché non trovo l’amore.

Il singolo e Dio

Un interessante post di Matteo Andriola, trovato sul suo blog:
sorenSe l’avessi incontrato ad un evento mondano, probabilmente l’avrei invidiato per la sua aria scanzonata e sovente guascona; l’eleganza mescolata allo snobismo che di consuetudine sciorinava in pubblico faceva di Søren Kierkegaard un perfetto mentitore, un dissimulatore capace di nascondere la propria reale condizione a quella che era solito chiamare “folla bestiale”. Senza remore, oggi posso dire di essermi convinto che fosse un bugiardo, e la sua maschera era senz’altro piuttosto ingannevole se si considera che dietro di essa si celava uno degli individui che non è esagerato annoverare tra i più tormentati dell’intera Danimarca. Nato nel 1813, ricevette una rigida educazione religiosa che personalmente credo l’abbia condizionato più di quanto si voglia credere; nell’arco di circa sette anni perse il padre e cinque fratelli, in quella che interpretò come un’autentica punizione divina per una colpa a noi ignota commessa dal genitore. Sentimentalmente non si può dire che il giovane fosse meno inquieto, se si considera che interruppe il fidanzamento con Regina Olsen, a causa di un mai specificato turbamento interiore che funestava il suo animo senza dargli tregua. Che Kierkegaard fosse un animo profondamente turbato non è in alcun modo opinabile, ma non sono mai riuscito a giudicarlo instabile o illogico, e il frequente ricorso agli pseudonimi fa di lui un filosofo tanto grande quanto sfuggente. La questione degli pseudonimi è in realtà più complessa di quanto si pensi e il ricorso ad essi non è altro che un geniale stratagemma per responsabilizzare il lettore, privandolo di qualunque condizionamento.
Alla luce di quanto accadutogli, Kierkegaard doveva sentirsi decisamente in credito con Dio, eppure, sostenendo la “verità del singolo”,ci fornisce una delle più alte e pure dimostrazioni di fede che la Filosofia ricordi. Secondo lui, è il “singolo” ad elevarsi sulla collettività, anche e soprattutto in materia di fede, e la verità ha come proprio compito l’affermazione assoluta dell’individualità. Attaccando Hegel, Kierkegaard si scaglia contro le ricerche metafisiche indirizzate alla ricerca di verità universali e concetti assoluti ( quali ad esempio la coscienza ) che non possono avere senso a meno che non vengano rigidamente contestualizzati alla soggettività del singolo individuo. Una conoscenza che scavalchi l’individualità è un’assurdità, in quanto tale individualità si concretizza proprio in relazione ad altre singolarità, e non in rapporto all’umanità intesa come entità autonoma dotata di vita propria. Una simile concezione dell’umanità negherebbe in assoluto la singolarità dell’individuo, potendo peraltro perpetrare crimini orrendi, semplicemente celandosi dietro la spersonalizzante maschera della moltitudine; ed infatti, è la folla ad aver ucciso Gesù Cristo, non il singolo. Paradossalmente, in materia religiosa, la conoscenza diviene secondo Kierkegaard uno strumento fuorviante, in quanto essa nulla ha a che vedere con la fede, ma al più con un nozionismo fine a se stesso. Il singolo individuo può e deve ricercare la salvezza, rimanendo però consapevole di poterla raggiungere esclusivamente attraverso la fede, e la conoscenza storica del Cristianesimo, in questo senso, può tranquillamente valere molto meno della totale ignoranza in materia. È in Cristo soltanto che si trova la chiave della salvezza, e non nei proseliti di una Chiesa come quella danese che Kierkegaard non ha remore nel definire “pagana”. Il rapporto con Gesù è intimo e personale e tale intimità rappresenta agli occhi del filosofo l’unica strada possibile per la salvezza; ogni uomo, inteso nella propria individualità, instaura con Cristo un rapporto esclusivo che di fatto costituisce, e non potrebbe essere altrimenti, l’unico viatico possibile per ottenere la salvezza.
A ben vedere, al di fuori di questo privilegiato rapporto, la religione può addirittura risultare contraddittoria nella sua incomprensibilità. Che Dio, a cui sarebbe sufficiente una parola, si faccia uomo e decida di morire per salvare l’umanità, è un controsenso dal quale è impossibile uscire per mezzo della ragione; la storia di Cristo è propedeutica alla fede, ma non indispensabile per la salvezza. Il rapporto dell’uomo con Dio è un mistero che accomuna tutti i singoli, affermandone l’individualità. Ecco perchè, secondo Kierkegaard, la verità può risiedere soltanto nel singolo.”

Gemme n° 11

Prof, so che ha dato circa 5 minuti per presentare la gemma. Io avrei portato il discorso di Emma Watson all’ONU, ma dura circa 11 minuti” mi ha detto S. (classe seconda) appena ho finito di montare pc e proiettore. “Beh, vediamo” le ho risposto.

In quegli 11 minuti non è volata una mosca, c’era un silenzio di attenzione e condivisione. Ha aggiunto S. “Ho scoperto questo video per caso, però mi ha molto colpito perché secondo me c’è molta confusione sul nome e sul concetto di femminismo. Quello che ha detto Emma Watson mi è piaciuto e l’ho voluto condividere con la classe”. Riprendo uno dei concetti e slogan citati due volte e usati anche per altre occasioni: “se non io, chi? se non ora, quando?”.
Se poi qualcuno desidera leggersi con calma il suo discorso, ecco qui: Emma Watson all’Onu

Gemme n° 10

One Direction

Ho portato questo pezzo di carta giallo: dietro vi sono 6 mesi di attesa, 1 giorno di ansia a scuola per sapere se l’avrei ottenuto, lacrime di felicità, attesa, grida, nuove conoscenze, incontri, foto, i due migliori giorni della mia vita cone le due ore e mezza più intense e veloci, sogni belli, serenità. Quando si sono aperti i cancelli di San Siro sono entrata tremante e durante il concerto sentivo che cantavamo insieme. Ci sono tante emozioni dietro a un pezzo di carta giallo”. Questa è la gemma di F. (classe quarta); ha portato il biglietto del concerto degli One Direction, tramite i quali ha conosciuto anche il suo secondo gruppo musicale preferito, i 5 Seconds of Summer, di cui abbiamo ascoltato questa

Sono andato con la mente al mio primo vero e sentito concerto: 23 maggio 1995, Milano, Bon Jovi. Gran caldo, Little Steven e Ugly Kid Joe come gruppi di apertura. Inizia il concerto e la band tiene il palco meravigliosamente, prendendo in giro i Take That (che poi sono gli One Direction di allora…). Concerto lungo, ecco la scaletta:
Livin’ on a prayerbon jovi
You give love a bad name
Wild in the streets
Keep the faith
I’d die for you
Diamond ring
Bed of roses
Stranger in this town
Blaze of glory
Hey God
Lay your hands on me
I’ll sleep when I’m dead / Jumpin’ Jack Flash / Glory days
Bad medicine / Shout / Bad medicine
Always
Blood on blood
Wanted dead or alive
Rockin’ all over the world
Someday I’ll be Saturday night
I’ll be there for you
Runaway
Finito verso mezzanotte, inizia il caos. Devono sfollare 35.000 persone e gli organizzatori pensano bene di far chiudere alla stessa ora la metropolitana. Raggiungiamo a fatica la stazione su bus stracarichi e stipati all’inverosimile. Arriviamo verso le 2.00, giusto in tempo! Sì, in tempo per vedere i fanali rossi del nostro treno che si allontana. Ci spostiamo a Milano Lambrate, bivacchiamo sulle panchine fin verso le 5.00 e finalmente saliamo su un altro treno… Ha ragione F.! Ci sono tante emozioni dietro a quei pezzi di carta!

Gemme n° 9

Stamattina E. (classe terza) ha presentato “Old man” di Neil Young. “E’ il mio cantante preferito, e lo è anche di mio padre. Questa canzone in particolare mi ricorda lui e la mia famiglia”.

https://www.youtube.com/watch?v=a_pru77ZsGE

Così l’ha presentata il cantante: “ero in tournée, ero anche… sapete cosa intendo, appena diventato un ricco hippie per la prima volta. Acquistai un ranch, e ci vivo ancora tutt’oggi. E c’era una coppia di anziani che viveva lì, erano i custodi, un vecchio gentiluomo di nome Louis Avila e sua moglie Clara. E c’era una vecchia jeep blu, con la quale Louis mi portò a fare un giro. Andammo nella parte alta del posto, dove c’era un lago che alimentava tutti i pascoli, e lui disse: “Beh, dimmi, come fa un giovanotto come te ad avere così tanti soldi da comprare un posto come questo?” Al che io dissi: “Beh, solo fortuna, Louie, davvero solo fortuna”. E lui rispose: “Beh, questa è la cosa più bizzarra che abbia mai sentito”. E così scrissi questa canzone per lui” (fonte wikipedia). Ne pubblico una versione live:

Gemme n° 8

La prima gemma di oggi è quella proposta da S. (classe quarta). E’ una sequenza tratta da “La tigre e la neve”. E’ una scena che la emoziona, che le fa pensare alla bellezza, alla poesia. “E’ come dice Benigni: Per trasmettere la felicità, bisogna essere felici e per trasmettere il dolore bisogna essere felici”.

Allego semplicemente la trascrizione del monologo; penso possa essere utile soffermarcisi sopra con un po’ di calma:

Su, su, svelti, veloci, piano, con calma, non vi affrettate.
Non scrivete subito poesie d’amore che sono le più difficili, aspettate almeno un’ottantina di anni. Scrivete su un altro argomento, che ne so… sul mare, vento, un termosifone, un tram in ritardo. Non esiste una cosa più poetica di un’altra. La poesia non è fuori, è dentro.
Cos’è la poesia? Non chiedermelo più, guardati allo specchio, la poesia sei tu.
Vestitele bene le poesie. Cercate bene le parole, dovete sceglierle. A volte ci vogliono otto mesi per trovare una parola. Scegliete, perché la bellezza è cominciata quando qualcuno ha cominciato a scegliere, da Adamo ed Eva. Lo sapete quanto c’ha messo Eva prima di scegliere la foglia di fico giusta? Ha sfogliato tutti i fichi del paradiso terrestre.
Innamoratevi. Se non vi innamorate è tutto morto. Vi dovete innamorare e diventa tutto vivo, si muove tutto. Dilapidate la gioia, sperperate l’allegria. Siate tristi e taciturni con l’esuberanza. Fate soffiare in faccia alla gente la felicità.
Per trasmettere la felicità, bisogna essere felici e per trasmettere il dolore bisogna essere felici.
Siate felici. Dovete patire, stare male, soffrire. Non abbiate paura a soffrire. Tutto il mondo soffre.
E se non vi riesce, non avete i mezzi, non vi preoccupate, tanto per fare poesia una sola cosa è necessaria: tutto.
E non cercate la novità. La novità è la cosa più vecchia che ci sia.
E se il verso non vi viene da questa posizione, da questa, da così, buttatevi in terra, mettetevi così.
E’ da distesi che si vede il cielo. Guarda che bellezza, perché non mi ci sono messo prima?!
Cosa guardate? I poeti non guardano, vedono.
Fatevi obbedire dalle parole.
Se la parola è “muro” e “muro” non vi dà retta, non usatela più per otto anni, così impara!
Questa è la bellezza come quei versi là che voglio che rimangano scritti lì per sempre..
Forza, cancellate tutto!”

Isis e immagine

occhio

Un articolo “colorato”, pubblicato su Limes, del critico cinematografico Oscar Iarussi sul ruolo delle immagini e dei video negli scontri in atto in medio oriente. Per coglierne sfumature e sottintesi bisogna leggerlo più volte.

L’homo videns? Non è solo occidentale. Anche l’Islam sembra in preda al “post-pensiero” televisivo di cui scrisse Giovanni Sartori in un suo saggio polemico (Laterza, 1997).
L’ultimo stadio dell’evoluzione è all’insegna del climax. L’acme, l’orgasmo, la dismisura risultano sempre provvisori, puntualmente scavalcati da un nuovo eccesso nella corsa all’effetto prodigioso che annichilisce il residuo pudore. L’immaginario collettivo si affranca così definitivamente dai tabù dell’eros e della morte, ovvero li sacrifica a uno sguardo onnivoro e sadico. Se non è “l’occhio che uccide” di un famoso film, poco ci manca.
Fino a non molti anni fa nessun aguzzino avrebbe pensato di documentare le umiliazioni, il dolore e la fine delle sue vittime. Anzi, gli orrori venivano nascosti e negati. L’esibizione della ghigliottina e “la macelleria del potere” attengono al premoderno, quando – Foucault docet – la punizione esemplare sanzionava l’offesa al corpo sacro del re (Einaudi, 1976). Persino dal tragico recinto di Auschwitz le rare testimonianze visive sono postume o esterne: i filmati dei registi al seguito degli Alleati che liberano i lager o le immagini aeree della Raf nelle quali la colonna di fumo dei forni crematori allude allo sterminio.
Ripensiamo, invece, alle fotografie dei soldati statunitensi che torturano i prigionieri di guerra iracheni nel carcere di Abu Ghraib, scattate nel 2004 dagli stessi torturatori in posa (i primi selfie). D’altro canto, cominciarono a essere recapitati ad Aljazeera e in seguito diffusi sul web i video delle decapitazioni per mano jihadista degli ostaggi americani e europei. Una barbarie che “parla” all’inconscio occidentale in cui sono sedimentate le rappresentazioni bibliche di Salomè o di Giuditta e Oloferne (Caravaggio, Donatello, Strauss). Dopo Daniel Pearl (2002, in Pakistan), nel 2004 il primo decollato in Medio Oriente fu il giovane imprenditore Nicholas Berg, statunitense di origine ebraica. Si ipotizzò che il boia fosse Abu Musab al-Zarqawi, uno dei teorici dell’odierno “califfato” sunnita, il cosiddetto Stato Islamico (Is).
Da ultimo il macabro spettacolo è diventato seriale, come s’addice al pubblico dei kāfir, gli “infedeli”, o dei musulmani in Europa. Nei video delle decapitazioni c’è uno svilimento della tragedia che ha del pornografico: l’inimicizia, la guerra e il suo cuore di tenebra ridotti a immagini di propaganda. Una beffarda “amatorialità” per comunicare con la vasta schiera dei dilettanti/protagonisti su Facebook e Instagram.
Non manca il corredo feticistico. Le tute arancio dei condannati a morte occidentali evocano quelle imposte ai qaedisti reclusi a Guantanamo. Soprattutto c’è il cappuccio nero già usato a Abu Ghraib e nei black site della Cia per gli interrogatori a mo’ di lampante smentita dell’habeas corpus. Adesso a indossarlo sono i tagliagole: simbolo di una “pedagogia del terrore” che a sua volta dà del tu all’horror e allo splatter di certi B-movie gettonati dagli adolescenti americani ed europei.
Sarebbe questo il famoso “scontro delle civiltà”? Una squallida rincorsa al protagonismo, all’annientamento altrui nel nome dell’exemplum, dell’icona sequenziale? Se ne può dubitare. Sembra piuttosto una guerra (in)civile intestina alla civiltà dell’immagine, che porta alle estreme conseguenze lo sciacallaggio quotidiano che le è proprio, appena stemperato dal dibattito su censura sì o no, in fin dei conti risolto nell’ipocrisia di oscurare lo shock del momento fatale.
Dopo il kolossal “hollywoodiano” dell’11 settembre 2001 e dopo i filmini sui sacrifici dei “martiri di Allah”, le decapitazioni dell’Is ribadiscono una procedura televisiva che sgomenta anche per la sua diabolica banalità. Quei terribili video validano l’interpretazione del terrorismo come “conflitto mimetico” rispetto al modello occidentale, avanzata da René Girard come aggiornamento dei suoi studi sul legame tra la violenza e il sacro nel capro espiatorio (La pietra dello scandalo, Adelphi 2004).
Nell’ultima esecuzione “Johnny il jihadista”, il boia britannico di Alan Henning, ha “nominato” la prossima vittima, Peter Kassig, come in un luttuoso Grande fratello. Mentre Abu Saeed Al Britani, alias Omar Hussain, da ex londinese delle periferie qual è, minaccia a viso scoperto il premier Cameron in un video recitato e montato alla maniera di un rap! La suggestione spettacolare è provata fin dall’episodio dell’agosto 2004 quando il californiano Ben Vanderfort mise in scena in un video-burla l’esecuzione di se medesimo in Iraq, attribuendola ad al-Zarqawi.
Prende piede (prende occhio) uno scenario nichilista in cui la morte viene piegata alle esigenze mediologiche. Un paradosso, giacché non v’è nulla di più profano di tale presunta “guerra santa”. Scherzi della storia: l’Islamismo iconoclastico della distruzione dei Buddha giganti nella valle afghana di Bamiyan e dell’imposizione del burqa alle donne perde la faccia quando la mostra.”

Tra redenzione e libertà

bob

Ci sono canzoni che mettono i brividi. Certo, è soggettivo. Mi sono imbattuto in uno di quei video che girano in rete per un po’ e poi finiscono nel dimenticatoio: più di un anno fa, nell’edizione olandese di The Voice, un concorrente ha proposto “Redemption song” di Bob Marley.

https://www.youtube.com/watch?v=DQ1Oz6K4rOI

E’ una canzone del 1979, molto acustica e folk e poco reggae, passata alla storia come il testamento spirituale di Bob Marley (mentre scrive le canzoni dell’album “Uprising”, il cantante sa già di essere malato di cancro).

https://www.youtube.com/watch?v=OFGgbT_VasI

Si parte con il racconto di una vicenda che ricorda quella di Giuseppe, venduto a dei mercanti dai fratelli gelosi che lo avevano buttato in un pozzo e che poi, negli anni, trova la strada del proprio riscatto grazie a Dio: “Vecchi pirati, sì, mi hanno fregato, venduto alle navi di mercanti, qualche minuto dopo avermi tolto dall’inferno senza fondo. Ma la mia mano venne fortificata dalla mano dell’onnipotente”.
Nel ritornello vengono uniti due concetti: quello di redenzione e quello di libertà. “Tutto quel che ho avuto sono canti di libertà. Vuoi aiutare a cantare questi canti di libertà? Perché tutto quel che ho mai avuto sono canti di redenzione, canti di redenzione”. Il legame tra la liberazione dal peccato e libertà è un tema centrale del racconto biblico e dell’esperienza di fede. Per il popolo ebraico la liberazione dalla schiavitù dall’Egitto (argomento caro al popolo giamaicano e a tutti i popoli che hanno vissuto l’esperienza dello schiavismo) è alla radice del rinnovato rapporto con Dio, della “Alleanza”.
Bob Marley sposta la sua attenzione sul presente e su nuove schiavitù, prima di tutto quelle mentali, e invita a non restare con le mani in mano, ma a liberarsi dalle paure legate alla terra (l’energia atomica) che sono ben poca cosa in confronto all’eternità (il tempo che non può essere fermato) e a darsi da fare per “adempiere al Libro”: “Emancipatevi dalla schiavitù mentale. Nessun altro all’infuori di noi stessi può liberare le nostre menti. Non temete l’energia atomica poiché nessuno di loro può fermare il tempo. Per quanto ancora uccideranno i nostri profeti mentre noi ce ne stiamo da parte a guardare? Alcuni dicono che è solo una parte del tutto. Siamo noi che dobbiamo adempiere al Libro.”
Qui sotto alcune cover…

Joe Strummer:

https://www.youtube.com/watch?v=jvnHFl2WuEE

Chris Cornell:

La Casa del Vento:

In alto, solo la luna

Longarone

Stasera, guardando la luna, penserò a Micaela e all’angoscia che ho provato la prima volta che, da piccolo, i miei mi hanno portato a vedere la diga del Vajont. Racconta Micaela:

“C’era una strana aria, in quei primi giorni di ottobre, a Longarone. Si sentivano strani discorsi. La gente bisbigliava continuamente, ma non capivamo bene di cosa, almeno noi bambini. ricordo un discorso sentito così, di sera tra mamma e papà, un discorso fatto quando noi bambini, eravamo in cinque, non eravamo presenti. Ricordo quella sera che la mamma diceva al papà: “Non sarebbe meglio mandare i bambini a Belluno?”
Mi sono fermata ad origliare. Perché la mamma voleva mandarci via? Cosa avevamo fatto?
La voce di papà rispose: “Cosa vuoi che importi? Se cade la diga, parte anche Belluno! Se dobbiamo morire, meglio farlo tutti assieme!!”
Era un discorso troppo duro e forte, almeno per me. Incomprensibile! Guardavo la diga e pensavo: “Come può farci del male, farci morire?”
Ogni mattina, quando mi alzavo, aprivo la finestra e lei era lì, sempre incuneata tra le montagne, bella di una bellezza fredda e tranquilla. Come poteva, quel muro grigio che tutti venivano a vedere, portare morte? come poteva essere cattiva, se arrivavano corriere piene di persone anche straniere, soltanto per guardarla? Per una dodicenne come me era incomprensibile! C’erano stati dei piccoli terremoti, ma non poteva essere colpa della diga!!
vajontQualcosa però era diverso. Era proprio l’aria ad esserlo; c’era una tensione in tutte le persone, una paura, quasi, di guardarsi; un sussurrare quasi continuo, una paura nuova negli occhi! Papà faceva i turni alla diga, faceva dalle 14 alle 20. Alle 20 noi piccoli dovevamo andare a dormire; ho sentito arrivare papà con la macchina, aprire la porta della cucina e parlare con la nonna. Mia sorella più grande stava ad ascoltare la radio con loro. Dopo un po’ ho sentito delle voci, qualcuno parlare in maniera concitata, sedie che si spostano. Poi il rumore della macchina di papà che va via. Dopo pochi minuti, mi stavo riaddormentando.
Nel dormiveglia ho sentito un tuono. La voce di mia nonna che diceva a mia sorella che stava andando a dormire: “Chiudi le imposte che sta arrivando un temporale! Nello stesso istante, una folata di vento che arriva da lontano e fa sbattere le imposte, poi … un rumore sordo, fondo, la sensazione che il letto prendesse velocità, una forza spaventosa che mi prendeva alla schiena, mi piegava in due, mi schiacciava; la sensazione di essere di gomma, di allargarmi e poi restringermi, gli occhi diventati due stelle; una pressione enorme che mi tirava per i capelli, che mi risucchiava in un pozzo senza fine; mi inchiodava le braccia al corpo senza possibilità di muovermi; un gran male alla schiena giù in fondo; l’impossibilita’ di respirare … !
Questa forza che mi teneva legata non so a cosa mi ha fatto arrabbiare! Ricordo di aver pensato: “No! non voglio lasciarmi andare!”, anche se sembrava la sola cosa da fare. Ho, con tanta fatica, alzato un braccio, mi sono toccata la faccia cercando gli occhi, il naso, la bocca; mi sembrava di essere diventata sottile, schiacciata, senza spessore; ho alzato le braccia sopra la testa … cercavo qualcosa da toccare … e poi … il nero. Nero totale.
Non so quanto tempo dopo ho cominciato a sentirmi più leggera; non c’era più quel peso che mi schiacciava; ho sentito mani che mi tiravano, mi prendevano per una mano e un piede … finalmente aria! Ero libera!!
Una voce diceva: “E’ un’altra vecchia!” Al che mi sono arrabbiata e ho detto, o forse ho solo pensato; “Ho dodici anni!”
Altro buio … ricordo qualcuno che mi ha caricato in spalla (quella di Ado De Col, unico sopravvissuto dei Vigili del Fuoco); guardavo e vedevo solo sassi; enormi, bianchi; nessun rumore se non il respiro pesante e affannoso di chi mi stava portando in spalla; il vento … vento che soffiava gelido e con intensità.
In alto, solo la luna, grande, enorme, rotonda; sembrava prendesse tutto il mondo con la sua facciona rotonda e gialla. Non c’era altro che lei, la luna ed il mio terribile male alla schiena.
Dicevo: “Lasciami camminare, mettimi giù!”
Ado che ripeteva: “No!”. Altro buio.
Ado che ferma una macchina con quattro persone, mi sembravano due uomini seduti davanti e dietro due donne.
Quello che guidava è sceso, ha messo una sirena da qualche parte. Le due donne si sono strette e mi hanno fatto stendere sul sedile posteriore.
Urlavo dal dolore, non riuscivo a stendermi. Altro buio; sentivo solo qualcuno che gridava. Forse ero io.
Ricordo un soffitto, una luce tenue; non ero più in una macchina, qualcuno mi aveva messo in una lettiga; ricordo una persona che mi guardava, ricordo solo gli occhi.
Qualcuno spingeva velocemente la lettiga, poi … più niente fino alla visita della principessa Titti di Savoia.
Sono venuta a sapere soltanto poco tempo fa che mia sorella, quella che è morta e che non so dove sia stata sepolta, era nel letto vicino al mio, anche se a separarci c’era una mezza parete.
Non ho ricordi dei due mesi passati all’ospedale di Pieve di Cadore.
Non so assolutamente niente di quello che è successo in quel periodo, anche perché tutto quello che riguarda le cartelle cliniche e la storia medica non solo mia, ma, presumo, di tutti i superstiti ricoverati lassù, non esiste più, dato che i documenti riguardanti il nostro ricovero e quant’altro sono spariti, distrutti! A quel tempo, l’ospedale era privato; diventando poi statale, l’incaricato dell’archivio ha ritenuto non importante per nessuno la nostra posizione medico – ospedaliera. Questo e’ l’inizio del mio personale Vajont.”

Gemme n° 7

educazione-siberianaM. ha proposto la seconda gemma. Ha portato in classe due libri: “Educazione siberiana” e “Il razzismo spiegato a mia figlia”. Ha detto “In realtà potevo portare qualsiasi libro: i libri per me sono evasione dalla realtà e mezzo per conoscere altre culture”.

Adoro leggere, chi frequenta assiduamente il blog lo sa. Desidero solo scrivere brevemente cosa mi piace dell’oggetto libro rispetto all’e-book:

  • prima di tutto l’odore, il profumo
  • poi il materiale cartaceo, opaco e ruvido, certamente non lucido e liscioil razzismo spiegato
  • vedere l’avanzamento fisico della lettura, il passare delle pagine e il rumore che fanno
  • il rumore della matita sulla carta mentre prendo un appunto
  • l’estetica: che dire? mi piacciono i rettangoli (i libri quadrati, pochi fortunatamente, non li amo troppo)
  • il dorso consumato dalla lettura e dal tempo.

Gemme n° 6

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La prima gemma di oggi l’ha proposta S. (classe IV). Era un oggetto: una moneta di 5 centesimi portata come pendente di una collanina. “L’anno scorso è mancato il nonno e la nonna mi ha fatto questa per portarmi fortuna. Non lo fa sempre, ma mi fa ricordare di lui, di quanto per lui ero importante e di tutto il bene che mi ha voluto”.
Maria Rita Parsi afferma che “I nonni sono coloro che vengono da lontano e vanno per primi, ad indagare oltre la vita.” Io i nonni non li ho più accanto a me, al mio matrimonio non ho potuto godere della vicinanza di nessuno di loro ed è l’unica cosa triste di quel giorno. Però grande è il calore che sento nel cuore ogni volta che penso a loro…