Davanti a lui uno stuolo di donne

Il ruolo delle donne nella chiesa. Prendo da Adista questo interessante pezzo di Benedetta Selene Zorzi che “è docente di Teologia Spirituale all’Istituto Teologico Marchigiano e di Antropologia teologica e Patrologia all’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Ancona, dove ricopre l’incarico di vicedirettrice. Fa parte del Coordinamento Teologhe Italiane”.

Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe” (Gn 3,15a). Sono le parole che Dio rivolge al serpente ingannatore, incantatore. Mediante queste parole Dio segna la donna con una barriera protettiva contro il male, alla quale essa può ricorrere – se vuole – per ogni generazione. Vuol dire che la donna porta una segreta e speciale benedizione, per la difesa della sua creatura dal Maligno! Come la Donna dell’Apocalisse, che corre a nascondere il figlio dal Drago. E Dio la protegge (cfr Ap 12,6). Pensate quale profondità si apre qui! Esistono molti luoghi comuni, a volte persino offensivi, sulla donna tentatrice che ispira al male. Invece c’è spazio per una teologia della donna che sia all’altezza di questa benedizione di Dio per lei e per la generazione!
Chi ha letto l’insoddisfazione di molte donne cattoliche (e non) a seguito delle succitate parole di papa Francesco sulla donna tentatrice, potrebbe dire che non ci va davvero mai bene niente!
È vero. Non ci sta bene sentir dire ancora che abbiamo bisogno di una teologia della donna, quando migliaia di donne da oltre un secolo studiano e scrivono di teologia e di donne, di quale è stato il loro ruolo, della loro memoria e delle loro azioni, prospettando a volte una tradizione un po’ diversa da quella tramandata dagli uomini.
Non ci sta bene che la teologia che la Chiesa ha della donna sia ancora quella tramandata dai Padri della Chiesa, con pochi aggiustamenti che non ne scalfiscono la struttura di fondo. Non ci sta bene che ci si appelli ad una teologia della donna e non parimenti ad una dell’uomo (inteso come maschio).
Non ci sta bene che si parli della donna ancora al singolare, come se fosse un blocco monolitico da affrontare come qualcosa di strano capitato all’essere umano neutro maschio, che se la ritrova di fronte e deve darne conto.
Non ci va bene che si denunci quanto sia offensivo pensare le donne solo nel ruolo di tentatrici e non si denuncino al tempo stesso le gravi colpe che la storia, anche cristiana, ha nei confronti delle tante donne uccise perché attentavano al potere religioso, messe al rogo quali streghe.
Non ci sta bene che si pensi al ruolo delle donne ancora e solo riducendole al ruolo di madri, biologiche o spirituali: è sempre lo stesso limitante ruolo che dimentica che biologicamente le donne sono strutturate anche per fare calcoli di matematica, parlare in pubblico, prendere decisioni, gestire situazioni complesse, andare nello spazio.
Non ci sta bene che nell’esaltazione della donna in quanto speciale, non le si riconosca un ministero o sacramento nella Chiesa in virtù di questa (quale sarebbe poi?) “specialità”.
Non ci sta bene che ricordando la donna per il suo ruolo di difesa dal maligno e nel presentarla come protettrice, la si ricolloca in una situazione funzionale dello stesso tipo, anche se di segno opposto, a quella che la rende causa efficiente del peccato, cioè strumentale.
Non ci sta bene che quando si insiste sulla retorica della famiglia tradizionale, che è anche quella della famiglia patriarcale, ci si scordi di dire delle violenze, dei luoghi di sofferenza e di dolore che la famiglia costituisce, non solo per le donne.
«Il mondo creato è affidato all’uomo e alla donna: quello che accade tra loro dà l’impronta a tutto». Sacrosanto, Santo Padre! Allora è giusto porsi la domanda: che mondo è – o che porzione di mondo è – quello in cui alle donne non è concesso accedere a ruoli di piena leadership e partecipazione decisionale? Che impronta ha quella porzione di mondo incapace di considerare le donne alla pari nell’offerta formativa, nella opportunità di azione apostolica, nella collaborazione al di là di servizi di dipendenza e che le mette sistematicamente ai margini o fuori dai luoghi di incidenza decisionale o di condivisione nella gestione del potere… che è un servizio?
Che impronta ha quella porzione di mondo in cui il lavoro fatto dalle donne per la costruzione delle comunità e delle parrocchie non ha un riconoscimento ministeriale, economico e pubblico?
Perché non afferma anche che in un mondo o in una porzione di mondo in cui le donne sono comunque e sempre soggette al potere decisionale maschile, devono anche pagare il prezzo affettivo e il peso umano di una istituzione in cui il riconoscimento pieno della sessualità, dell’affettività, delle affinità elettive, delle competenze, della professionalità e del protagonismo di ogni essere umano in quanto tale – uomo o donna che sia, celibe/nubile o sposato che sia, con figli o senza – avviene secondo una arcaica concezione subordinativa e funzionale della donna?
Se questa concezione arcaica risulta tanto più incompatibile oggi, non solo rispetto alla società attuale, ma anche rispetto alla mutata concezione antropologica e sociale che la Chiesa ha (o dice di aver) assunto, allora va denunciata una doppiezza mentale e istituzionale di fondo che va smantellata quanto prima. Perché il rischio di un’istituzione che concepisce così il mistero della Chiesa è quello di continuare a sussistere solo a prezzo di incoerenze strutturali che formano persone scisse o membri adusi alla doppiezza.
Ringrazio il papa come donna, singola, per il suo sforzo di smantellare mentalità penalizzanti nei confronti delle donne. Mi auguro che egli sappia andare fino in fondo in questa operazione, con le conseguenze che essa comporta, e che la sua Chiesa dal volto ufficiale maschile lo sappia seguire. Certo è che davanti a lui non troverà una donna, ma uno stuolo numeroso di donne che lo hanno preceduto.

Panorama siriano

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Capire quale sia la situazione in Siria penso sia una delle sfide più grandi per i non addetti. Questo articolo della redazione di OasisCenter cerca di fare un po’ di chiarezza con il contributo di Paolo Maggiolini.

La recente decisione russa di impegnarsi militarmente in Siria sta riportando l’attenzione sul conflitto che da quattro anni infiamma il Paese mediorientale e sembra aver messo fine a quella condizione di stallo che ne ha determinato le dinamiche sino a questo momento. In tale contesto è fondamentale capire quali sono, dove operano e da chi sono sostenuti i protagonisti del conflitto.

LE FORZE PRO-ASSAD
Il regime di Assad è sostenuto internazionalmente dalla Russia e dall’Iran. Sul campo operano gli effettivi dell’esercito governativo siriano, varie milizie legate al presidente e le milizie di Hezbollah e di altri gruppi sciiti. La Russia, che dispone in Siria dell’importante porto di Tartus (l’unico sbocco sul Mediterraneo per la flotta militare russa), ha finora colpito soprattutto le zone occupate dai ribelli, in particolare la regione di Idlib, recentemente conquistata dalla coalizione formata da Jabhat al-Nusra e Ahrar al-Sham.
L’esercito siriano
Le forze del regime di Bashar al-Assad sono concentrate lungo una dorsale che corre da sud a nord e controllano i territori che guardano al Libano e al Mar Mediterraneo e includono le città di Damasco, Homs, Hama e Latakia.
Nei mesi passati, diverse fonti sottolineavano la debolezza dell’esercito siriano, ridotto ormai alla metà della sua forza originale (300.000 uomini) e limitato dalla presenza sempre più rilevante di soldati di leva. Il presidente siriano ha potuto ovviare a parte di queste criticità grazie alla messa in campo di milizie irregolari (le famigerate Forze di Difesa Nazionale) e, soprattutto, al supporto di forze esterne, come quelle di Hezbollah.
Altre milizie
A sostegno di Assad operano altri gruppi poco conosciuti, di estrazione sunnita, alawita, curda e cristiana. Tra queste si possono menzionare la Muqawama Suriya, la Liwa’ Dir’ al-Sahel e Dir’ al-Watan.
Hezbollah
Hezbollah è la principale milizia sciita impegnata in Siria. Essa giustifica il suo intervento come jihad difensivo per la protezione del santuario di Sayyida Zaynab a Damasco e per combattere le forze takfîrî, cioè i gruppi sunniti estremisti che accusano i musulmani devianti, e in particolare gli sciiti, di miscredenza. Sostenuta dall’Iran, coordina altri gruppi sciiti presenti sul territorio, tra i quali vi sono anche contingenti iracheni e addirittura pakistani. Hezbollah opera principalmente nei territori confinanti con il Libano da Qalamoun a Homs.

LE FORZE ANTI-ASSAD
A livello internazionale, le principali forze che operano per la caduta di Assad sono l’Arabia Saudita, la Turchia, il Qatar e gli Stati Uniti. Esse sostengono sul campo una molteplicità di attori che si distinguono sia sotto il profilo tattico-strategico che per quello ideologico-politico. L’Arabia Saudita è il principale fornitore di aiuti militari e finanziari di diversi gruppi ribelli, e in particolare di quelli salafiti. Gli Stati Uniti forniscono assistenza militare a diverse formazioni ribelli, non escluse quelle islamiste e jihadiste. La CIA ha lanciato un programma di addestramento mirato di 5000 ribelli anti-Assad, poi fallito.
Jabhat al-Nusra
Partendo dalle realtà non collegabili a ISIS, la formazione sicuramente più nota è Jabhat al-Nusra. Costola siriana di al-Qaida, essa opera nella regione di Idlib, lungo il corridoio che separa Hama e Homs, nei pressi di Damasco e sul fronte meridionale, in particolare sulle alture del Golan. È sostenuta e finanziata dalla Turchia, dall’Arabia Saudita e da altri Paesi del Golfo.
Ahrar al-Sham
Meno noto di al-Nusra, esso rappresenta in realtà il movimento di opposizione forse più importante per effettivi e partecipazione popolare. Di ispirazione salafita, punta al rovesciamento del regime di Assad per istituire uno Stato fondato sulla sharî‘a, tanto che dottrinalmente non è facile distinguerlo da Jabhat al-Nusra, anche se a differenza di quest’ultima non è classificata dagli USA come organizzazione terroristica. Opera nelle aree di Aleppo, Idlib, Homs e Hama. Nel 2012 Ahrar al-Sham ha dato vita al Fronte Islamico Siriano, un sigla in cui sono confluite diverse milizie affini, tra cui Jaysh al-Islam, forza che agisce principalmente a Damasco e Liwa’ al-Tawhid, impegnata soprattutto a Aleppo. È sostenuta finanziariamente dai Paesi del Golfo.
Jabhat Ansar al-Din
È una coalizione jihadista che agisce nella Siria settentrionale autonomamente da altri gruppi come ISIS, Jabhat al-Nusra o Ahrar al-Sham. È formata dalla Harakat Fajr al-Sham e dalla Harakat Sham al-Islam. Originariamente ne faceva parte anche il Jaysh al-Muhajirin wa-l-Ansar, che forniva alla coalizione i contingenti più cospicui, ma se ne è recentemente distaccato per unirsi a Jabhat al-Nusra. Prima di questa scissione, Jaysh al-Muhajirin era collegata tramite il suo leader Salah al-Din al-Shisani all’emirato del Caucaso ed era composta soprattutto da combattenti caucasici. Ora è invece perlopiù formata da militanti arabi ed è guidata da un saudita.
Esercito Siriano Libero (Free Syrian Army)
All’inizio della rivolta siriana è stato il braccio armato della Rivoluzione. È composto da formazioni di estrazione esclusivamente siriana e in particolare da disertori dell’esercito governativo. Non essendo classificato come gruppo estremista è destinatario di finanziamenti internazionali, ma è difficile valutare la sua reale capacità operativa.

Le “operation room”
Davanti a una tale complessità ed eterogeneità di gruppi combattenti, il fronte delle opposizioni ha cercato di creare delle ‘camere operative’ con lo scopo di aggregare differenti formazioni all’interno di fronti specifici, ritrovando nell’opposizione al regime di Assad il comune denominatore. Queste sinergie operative sono emerse anche in funzione anti-ISIS, come dimostrato nel dicembre 2013 nel nord-ovest della Siria quando le forze di diverse formazioni confluite nell’“Esercito Islamico” (Jaysh al-Islam) riuscirono a infliggere gravi perdite alle forze del Califfo. Su questa linea è anche interessante ricordare la creazione dell’“Esercito della Conquista” (Jaysh al-Fatah) grazie a cui diversi gruppi si sono coalizzati, in particolare Jabhat al-Nusra e Ahrar al-Sham, riuscendo a creare e mantenere una zona di influenza nel contesto di Idlib.

I curdi del PYD
Esistono infine altri due attori rilevanti del conflitto civile siriano che però si distinguono rispetto alle precedenti formazioni per specificità ideologiche e strategiche: l’ala militare del PYD (Partito dell’Unità Democratica, secondo alcuni diretta emanazione del PKK) e ISIS. Per quanto concerne la prima formazione, le forze curde si sono distinte sul campo riuscendo a bloccare l’avanzata di ISIS nel gennaio del 2015 a Kobane e tuttora controllano due ampie sacche a nord della Siria con lo scopo finale di unificare l’intera regione di Rojava, ad oggi interrotta nella sua parte centrale.
ISIS
Infine, presenti sul territorio siriano fin dall’inverno del 2013, le forze di ISIS hanno il loro punto nevralgico nella città di Raqqa. Nonostante si insista a comparare ISIS a uno stato con frontiere e un territorio ben delimitato, la sua presenza in Siria si articola piuttosto lungo corridoi strategici, che permettono i collegamenti con le città irachene occupate (Ramadi e Mosul in particolare) e con le altre aree siriane sotto controllo (tra cui Palmyra e parzialmente Deir ez-Zor) o attacco (tra cui Aleppo e Damasco).”

Gemme n° 287

La mia gemma è il trailer del film-documentario “I bambini sanno”: tocca alcuni temi importanti come la vita, l’amore, l’omosessualità, la crisi economica, l’amicizia. Il tutto dal punto di vista dei bambini. Trovo che sia un film profondo che faccia riflettere: i bambini sanno qualcosa di più dei grandi. Si dice che siano il futuro ma non si dà loro modo di esprimersi.” Questa è stata la gemma di C. (classe terza).
Dentro ciascuno di noi ritengo ci sia una parte bambina da nutrire e mantenere per continuare a provare lo stupore e la meraviglia. Lascio qui la canzone The child inside dei Depeche Mode che proprio oggi un’alunna di prima ha citato come la sua canzone preferita.

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