“Non avevo mai visto questo film, ne avevo sentito parlare ma nulla più. Il protagonista del film sceglie di vivere anche se in un mondo malato fatto di consumismo e banalità. Smette di intossicarsi. Pensavo fosse un film demenziale, mi sono ritrovata davanti a discorsi profondi”. Questa la gemma di G. (classe quarta).
Riporto qui sotto il testo di una delle più belle e profonde canzoni di Fabrizio De André, il “Cantico dei drogati”.
“Ho licenziato Dio, gettato via un amore per costruirmi il vuoto nell’anima e nel cuore. Le parole che dico non han più forma né accento, si trasformano i suoni in un sordo lamento. Mentre fra gli altri nudi io striscio verso un fuoco che illumina i fantasmi di questo osceno giuoco. Come potrò dire a mia madre che ho paura?
Chi mi riparlerà di domani luminosi dove i muti canteranno e taceranno i noiosi, quando riascolterò il vento tra le foglie sussurrare i silenzi che la sera raccoglie. Io che non vedo più che folletti di vetro che mi spiano davanti che mi ridono dietro. Come potrò dire la mia madre che ho paura?
Perché non hanno fatto delle grandi pattumiere per i giorni già usati per queste ed altre sere? E chi, chi sarà mai il buttafuori del sole chi lo spinge ogni giorno sulla scena alle prime ore. E soprattutto chi e perché mi ha messo al mondo dove vivo la mia morte con un anticipo tremendo? Come potrò dire a mia madre che ho paura?
Quando scadrà l’affitto di questo corpo idiota allora avrò il mio premio come una buona nota. Mi citeran di monito a chi crede sia bello giocherellare a palla con il proprio cervello. Cercando di lanciarlo oltre il confine stabilito che qualcuno ha tracciato ai bordi dell’infinito. Come potrò dire a mia madre che ho paura?
Tu che m’ascolti insegnami un alfabeto che sia differente da quello della mia vigliaccheria.”