Buon anno ebraico


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Oggi, si festeggia Rosh Hashana, il Capodanno ebraico, anno 5772. La festa dura due giorni, sia in Israele che in diaspora, durante i quali bisogna astenersi da ogni attività che non sia legata alla sfera religiosa. La celebrazione è contraddistinta dal suono dello shofar, il corno di montone. Il significato di questa usanza è quello di risvegliare il popolo ebraico dal torpore e ricordargli che si sta avvicinando il giorno in cui sarà giudicato da Dio. La ricorrenza, che cade il primo del mese di Tishrì, commemora sia la creazione del mondo, sia il giorno in cui viene emesso il giudizio su ogni creatura. Si pensa che essa rappresenti per Dio il momento opportuno per ricordarsi delle azioni degli uomini, per questo non sorprende che la festa sia preceduta e ancor più seguita da giorni improntati a un tono fortemente penitenziale. Per questo Rosh Hashana viene chiamato anche il ‘Giorno del giudizio’ (Yom ha-Din). La decisione, però, verrà presa da Dio solo a Yom Kippur (giorno dell’espiazione) che cade dopo appena dieci giorni, durante i quali ogni ebreo dovrà compiere un’analisi del proprio anno ed individuare tutti i peccati compiuti nei confronti dei precetti ebraici e i torti fatti verso i propri conoscenti. I riti culminanti di Rosh ha-Shanah avvengono in sinagoga, in cui ci si trattiene per varie ore in entrambi i giorni della festa. Nei giorni precedenti vengono recitate le ‘Selichot’ (preghiere penitenziali), in momenti diversi a seconda delle usanze nelle varie comunità (dai 30 ai 10 giorni prima della festività). Nel pomeriggio che precede l’inizio di Rosh Ashanà si usa anche fare il ‘Tashlich’, il lancio di oggetti su uno specchio d’acqua (anche una fontana) per liberarsi di ogni residuo di peccato. La cena della prima sera di Rosh ha-Shanah è detta Seder di Rosh ha-Shanah: durante questa cena, assieme alla recitazione di piccole formule di preghiera, si usa consumare sia qualcosa di dolce (tipica la mela intinta nel miele), sia cibi che diano l’idea di molteplicità, come il melograno, per augurarsi un anno dolce e prospero. Tra i vari piatti che si servono durante questa cena, differenti nelle varie tradizioni, è una costante la presenza di qualche parte di animale che faccia parte della testa, a simboleggiare il capo dell’anno. Solitamente viene portata in tavola anche una forma di pane (challa) tonda, a simboleggiare la circolarità dell’anno. Nel pasto della seconda sera, vengono servite più varietà possibili di frutta, perché vengano incluse nella benedizione di shehekheyanu (la benedizione che si recita la prima volta che si assaggia qualcosa nell’anno).

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