A vita? Non più


Scrive Ferdinando Camon

papa, benedetto xvi, dimissioni papa, chiesa, cattolicesimo“L’evento del millennio è accaduto ieri: il Papa si è dimesso. Tra i fedeli, quel miliardo e mezzo di credenti, su su fino ai più stretti collaboratori, nessuno se l’aspettava. Il Papa ha deciso da solo. È questo il suo dramma: avere la più alta autorità morale della Terra, e averla in quanto unico, insostituibile, vicario di colui che fu il primo vicario di Cristo. Il gesto pare, ma non è, inspiegabile dentro la biografia dell’uomo e dentro la storia del Cattolicesimo. Quando fu eletto papa, come tutti gli eletti prima di lui nel corso di secoli, avrà certamente dubitato di avere le forze per svolgere l’immensa missione (chi non ne dubita, non ne è degno), ma per lui, come per tutti coloro che sono stati attraversati dallo stesso dubbio, la risposta della Chiesa fu: Colui che ha voluto la tua elezione, ti darà le forze per sostenerla. Il che significa: tu non rappresenti qualcuno che ti elegge e ti abbandona, ma uno che ti elegge e ti accompagna fino alla morte e oltre. Se Ratzinger si dimette, di colpo, con un preavviso così tragicamente breve, vuol dire che non ce la fa più: l’impresa è al di sopra delle sue forze. Eppure è un papa “cattolicamente” perfetto, un papa che ha incarnato la sua dottrina in ogni campo e in ogni minuto. Un papa assolutista, come, chiedo scusa per coloro che dissentono o non capiscono, dev’essere ogni papa. Il documento che riassume perfettamente la sua dottrina si chiama “Dominus Jesus”, e di fronte a quel documento hanno storto il naso anche preti, vescovi, perfino cardinali, perché l’affermazione di quel documento è intransigente e drastica: “Tutta la verità sta nella Cattolicità”. È un documento che ogni papa dovrebbe approvare. Ma è un documento che afferma la vocazione del Cattolicesimo a fare storia seguendo le direttrici segnate dalla propria dottrina, non confondibili con altre direttrici dettate da politica o filosofia o scienza o antropologia. È un concetto che Ratzinger ha ripetuto spesso: ci può essere dialogo interculturale, ma non ci può essere dialogo interreligioso. Le culture sono prodotte dai popoli e dalla storia, e poiché i popoli sono tanti, sono tante anche le storie, e tra loro possono dialogare. Ma le religioni, specialmente le religioni che fanno la storia in questo secolo, Cristianesimo e Islamismo, sono “rivelate”, e le rivelazioni sono verità calate dal cielo sulla Terra, gli uomini non possono rielaborarle e modificarle e adattarsele a loro piacimento, possono soltanto accoglierle o rifiutarle: chi le accoglie è “dentro”, chi le rifiuta è “fuori”. Quale terribile, stupefacente, superumano orgoglio c’è nella dichiarazione che “tutta la verità sta nella Cattolicità”! Se tu vivi, lavori, preghi e predichi secondo questo principio, non puoi andare al dialogo con chi adotta un principio opposto, o puoi farlo basandoti su una sola idea-guida: l’altro deve convertirsi a te. Sei solo contro tutti. È una lotta che richiede una forza superumana. Forse nessun uomo può avere, da solo, la forza bastante. I papi vengono eletti già avanti con l’età, quando le forze declinano. E poi gli viene chiesto di svolgere un ruolo umanamente insostenibile. Con la sua fede altissima e rigidissima, che dà al suo papato un ruolo di scontro col mondo, Ratzinger sente che non ce la fa più: dottrinalmente “deve”, umanamente “non può”. Lui accusa l’“ingravescentem aetatem”, l’età difficile della vita, ma questa è anche un’età difficile della storia. Con questo gesto inatteso, che scuote la Terra fino ai suoi quattro punti cardinali, il grande, coerente, intransigente, non-perdonante (neanche a se stesso) papa tedesco, dice cose che ci vorrà tempo a capire. Tra le più immediate: il papato è un peso che schiaccia, occorre un eletto più giovane; il papato non può essere a vita, quando la vita declina il papa non ce la fa, deve poter tirarsi in disparte, “pro bono Ecclesiae”.”

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