Gemma n° 2134


“La mia Gemma oggi è una riflessione sulla mia condizione interiore in questo momento e ho deciso di parlarne perché sento, anzi sono abbastanza certa, di non essere l’unica a provare queste cose. Mentre scrivevo stavo ascoltando Solas un brano di Jamie Duffy.
Ad oggi mi sento come un pesce che è stato tirato fuori dall’acqua e dunque incapace di respirare, di vivere.
Ad oggi mi viene chiesto di decidere cosa farò per il resto della mia vita, fino alla morte.
Ad oggi il mondo si aspetta che io lo sappia. In qualche modo si aspettano che io sappia che tipo di pedina diventerò. E non è ammesso non saperlo, non è ammesso sentirsi come sospesi senza avere delle vere e proprie passioni specifiche. È questo il meccanismo. Vai alle elementari, vai alle medie, vai alle superiori, “mi raccomando esci con i massimi voti” e vai l’università e mi raccomando scegli una facoltà che ti darà una buona prospettiva di vita. Questo è il meccanismo. Ottieni una laurea, e trovi un lavoro, lavori per sopravvivere e dare una vita migliore ai tuoi figli, lavori ogni giorno, e ogni giorno è lo stesso. Così fino a quando non arrivi alla pensione. Dopodiché passi i tuoi ultimi anni di vecchiaia senza più un lavoro, che ormai era come parte integrante di te, e ti sentì un po’ vuoto, fino alla morte.
È un percorso già tracciato che la maggior parte di noi a volte compie senza neanche farsi delle domande. Ma io non riesco a non distogliere il pensiero dalla paura di una vita monotona, che è quella che tutti quanti mi spingono ad intraprendere.
E dunque a questo punto mi chiedo, quali sono le alternative? Se ci sono delle alternative?
‘alternativa sarebbe non seguire questo percorso già tracciato e finire perciò nella paura di non poter avere “una vita” degna di essere chiamata vita, senza stabilità, senza sicurezza. E queste alternative di vita sono destinate a coloro che presentano dei talenti speciali o delle convinzioni molto forti. Che eventualmente li porteranno al successo.
Io però non ho un talento, né una convinzione molto forte, non ho niente che mi contraddistingua dalla massa e ciò mi porta a dover conseguire il primo percorso descritto, quello delle pedine, se voglio avere una vita degna di essere chiamata vita.
È come se non ci fosse una via d’uscita.
Siamo tutti destinati ad essere pedine e probabilmente l’unica cosa che mi rimane da fare è accettarlo, senza pormi troppi quesiti. A volte non vorrei avere la facoltà di pensare, i pensieri sono ricorrenti, vorresti evitarli ma è impossibile farlo. Ma dire che non vorrei avere la facoltà di pensare è come dire di non voler essere umana perché è il nostro pensiero che è segno della nostra umanità. Non sarebbe male però la vita di un animale inconsapevole di se stesso, completamente libero dal tormento interiore” (F. classe quinta).

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