Oggi, sul Messaggero Veneto un articolo che precede la serata di martedì prossimo a Zugliano: un dialogo tra Margherita Hack e Pierluigi Di Piazza.
“C’è una vivace ricchezza di affermazioni e idealità, una disponibilità inesausta al coinvolgimento, un doppio sunto biografico fitto di aneddoti, in questo Io credo, lunga chiacchierata tra un prete, Pierluigi Di Piazza, e un’astronoma atea, Margherita Hack. Ma c’è soprattutto il senso di forza e di speranza che promana dal dialogo, forma prima della relazione umana. Un libro di testimonianza maturato dopo vent’anni di incontri, «quasi come un conto da saldare, un dono da offrire, uno sguardo alto, antidoto alle bassezze di questi tempi di inganni e di crisi, di incertezze e di mancanza di valori», racconta la curatrice Marinella Chirico, giornalista Rai, che ha organizzato i tête-à-tête, conducendo e sviluppando il confronto per aree tematiche, e restituendolo poi nel volume oggi in libreria per i tipi di Nuovadimensione.
In questa intervista parallela, Pierluigi e Margherita («diavolo e acqua santa», come dice ridendo quest’ultima), ne riassumono in breve alcuni punti.
– A legarvi, prima di tutto, il nome di Balducci.
P.:«Ha avuto intuizioni straordinarie, Balducci, in anticipo sui tempi: l’“uomo inedito” con le potenzialità positive non ancora emerse, la fede che vive della fede vissuta, la necessità, per tutte le religioni, di aprirsi e affrontare le sfide dell’oggi sulla giustizia e sulla pace. È stato un profeta anche sulla salvaguardia dell’ambiente: diceva che San Francesco dialogava con la natura perché non aveva l’occhio predatorio di chi vuole impossessarsene. È venuto alcune volte in Friuli; e quando è scomparso gli abbiamo intitolato il Centro di accoglienza e promozione culturale per riprenderne le intuizioni, le riflessioni, le prospettive».
M.: «Grand’uomo. L’ho conosciuto tramite Gozzini, che è stato uno dei più importanti fautori del dialogo tra cattolici e comunisti italiani. Era stato compagno di Aldo, mio marito, all’università di Firenze. Poco prima di morire per i postumi di un incidente d’auto ci eravamo trovati a Trieste, dove era venuto a fare una conferenza al Circolo Che Guevara, che allora dirigevo. Mi chiamava “la mia cara atea”».
– Dal libro emerge una grande consonanza sull’etica. Si può dire che uno cerca il bene dell’uomo in nome di Dio e l’altra in nome dell’uomo?
M.: «Io credo nella libertà e nella giustizia. La mia filosofia si riassume nel “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te” e nell’“Ama il prossimo tuo come te stesso”. Sento quindi il dovere etico di andare incontro a chi è più debole, più povero, più sofferente. Non credo alla natura divina di Gesù, ma lo considero il primo socialista, e probabilmente la più grande figura mai apparsa nella storia umana».
P.: «Io credo in Dio. Ma va precisato in quale. Perché c’è il Dio dei ricchi e quello dei poveri, il Dio di chi vuole la guerra e quello di chi vuole la pace, di chi è razzista e di chi accoglie, di chi è corrotto e mafioso e di chi combatte mafie e corruzione, di chi sfrutta e inquina l’ambiente e di chi lo difende. Credo nel Dio di Gesù, che ci impegna ad accogliere l’altro e a lottare per un’umanità più giusta».
– A unirvi è anche l’anticlericalismo…
P.: «Mi chiedo se la Chiesa, quando si erge a istituzione, non si allontani dall’insegnamento di Gesù di Nazaret, e questo è il solo male che deve davvero temere. La più grave bestemmia è nominare Dio per legittimare il potere, anche il più corrotto, spietato e omicida. E in questo senso mi piacerebbe essere ateo nei confronti del potere, come sono stati definiti i primi cristiani dell’impero romano».
M.: «Io dico che la Chiesa-istituzione spesso allontana dalla religione. Ha struttura imperialista, con un capo assoluto, centri di potere in tutto il mondo, e metà dei cittadini – le donne – con diritti dimezzati. Le femmine non potranno mai fare i preti perché Gesù era un uomo, ha detto un Papa. Allora nemmeno i neri, perché il Cristo era bianco».
– La regole della Chiesa, come le vivete?
M.: «Da atea, posso condividere quelle in armonia con il già citato “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Che, ad applicarlo, renderebbe inutili tutte le regole e tutte le religioni».
P.: «A prevalere sono state le interpretazioni negative e utilitaristiche. Non fare così, essere in regola per non attirare il castigo di Dio, al massimo per limitare il male. A esempio, il “Non uccidere” basta? Io credo che debba discenderne un rispetto attivo verso tutte le persone e tutti gli esseri viventi. I comandamenti vanno riletti in senso positivo. E occorre la gratuità, la spinta dell’amore. Il Samaritano è mosso dalla compassione, non da un ragionamento di convenienza sui premi e sulle punizioni nell’aldilà».
– A dividervi non è il “fare” in vita, ma l’atteggiamento verso la morte e il dopo morte?
M.: «Non credo ci sia un aldilà. L’atomo di idrogeno è praticamente immortale, e le molecole che oggi sono Margherita Hack si sparpaglieranno nell’atmosfera, serviranno a costruire altre persone o oggetti, chissà… Ma io non ci sarò più. Vedo il cervello come un hardware, e l’anima come un software che non gli sopravvive. La morte non mi fa paura, la perdita dell’autosufficienza e l’accanimento terapeutico sì».
P.: «Dobbiamo assumerci una maggiore responsabilità verso la vita, perché troppo spesso la morte è provocata. Dalla fame, dall’ingiustizia, dalle guerre. La morte è rottura delle relazioni umane di cui è tramata la vita. Ed è il cuore del mistero: credo che in quel momento la vita venga accolta, sebbene non sappiamo spiegare dove e come. Non è una fiducia irrazionale, è un pensiero che avverto indimostrabile ma ragionevole. Nella morte è il senso primo dell’affidamento a Dio, hanno detto Küng e Martini. Come annunciano le Scritture, vedremo il volto di Dio, anche se non possiamo sapere quale sarà. Né quale sarà il nostro volto».
– Un’ultima domanda: al confronto per le primarie del centrosinistra c’è Bersani che assume a modello Papa Giovanni, e Vendola che sceglie Martini. Che ne pensate?
P.: «Se non c’è strumentalità nelle dichiarazioni, i modelli sono profondamente significativi per tantissime persone: per la fede incarnata nella storia la disponibilità alle persone, il servizio al bene dell’umanità a cominciare da poveri, deboli, emarginati».
M.: «E Renzi chi ha scelto? Ah, Mandela e Alina, la blogger tunisina che lotta per i diritti delle donne… Che dire? Sono scelte loro, comunque di persone degne, tutte e due».