
“Io volevo parlare di mia sorella, la ‘cosa più importante che possiedo’. Lei ha tre anni e mezzo meno di me e condividiamo qualsiasi cosa facciamo, anche se sono cose brutte ce le diciamo anche senza dirle ai nostri genitori. Sappiamo tutto l’una dell’altra, abbiamo un rapporto di fiducia oltre ogni limite e non ho paura di dirle nulla. Sono molto felice ad avere una sorella così, significa che mi vuole tanto bene e quando reputa sbagliata una cosa che ho fatto, mi aiuta a correggerla e io faccio lo stesso con lei”.
Il vocabolario Treccani definisce complicità la partecipazione a un’azione criminosa o colpevole, considerata, in diritto penale, una forma di concorso nel reato. Non mi azzarderei ad accostare questa descrizione al rapporto tra M. (classe seconda) e la sorella. Poi, più avanti, si legge Con senso attenuato, connivenza, aiuto diretto o indiretto in macchinazioni anche scherzose, e sim.: se n’è andata a ballare all’insaputa del fidanzato e con la c. della sorella; anche, perfetta intesa. Ecco, ci siamo. Allora sì, direi che è un buon modo di definire quello speciale legame che lega due sorelle.