
“Ciò di cui ho deciso di parlarvi oggi è un oggetto legato ad una frase che per me ha un valore inestimabile e che ritengo il simbolo della mia infanzia. Ma prima di tutto faccio un passo indietro e vi racconto un po’: come ben saprete (o comunque penso l’abbiate già intuito), le mie origini non sono friulane, bensì pugliesi. All’età di 5 anni circa, per svariati motivi, mi sono trasferito qui in Friuli.
La lontananza per me è sempre stata un tasto dolente, poiché nonostante la fortuna di essermi ambientato velocemente e di aver preso i ritmi di vita, che ahimè sono completamente diversi, anche le più piccole e banali azioni quotidiane mi riportavano a pensare a questo aspetto. Ad esempio, una cosa che mi faceva stare “male” era pensare ai miei ex compagni di classe che uscivano da scuola e correvano dai nonni a lasciare la cartella per prendere la bici e tornare a casa: quanto mi sarebbe piaciuto fare la stessa cosa. Oppure, la classica uscita della domenica pomeriggio nella quale i miei amici mi dicevano che la loro nonna aveva preparato ottime pietanze ecc. e sappiamo tutti che i pranzi della nonna sono sempre i migliori…
Dunque, si trattava di piccolezze senza le quali si può tranquillamente sopravvivere, ma che nonostante tutto mi facevano riflettere e mi hanno portato a vivere un’infanzia relativamente diversa dai miei coetanei.
Ma tornando all’oggetto… si tratta di una classica catenina d’oro che si porta al polso e che solitamente, come nel mio caso, i nonni regalano ai propri nipoti al battesimo. Per me ha un valore inestimabile, perché ogni volta che sono nostalgico mi aiuta a riflettere ed a farmi sentire meglio, ma soprattutto perché quando mi è stata regalata era accompagnata da una frase che è diventata una sorta di motivazione a non preoccuparmi della presenza delle persone care, perché anche se non fisicamente, ci sono sempre. E la frase è: «non importa quanto lontani si è, ma quanto ci si vuole bene nonostante tutto».”
Ecco qui la gemma di L. (classe terza), una di quelle che chiamo gemme di risonanza perché fanno risuonare in me delle corde profonde che collegano per direttissima cuore e cervello. Non distante da qui, vicino a Trieste, e più precisamente a Duino, c’è un bel sentiero sopra le falesie che si ergono dall’Adriatico ed è dedicato al poeta praghese Rainer Maria Rilke. Merita una capatina proprio tra poco, quando si coprirà dei caldi colori autunnali. Perché lo cito a proposito della gemma di L.? Perché queste parole di Rilke la commentano bene: “Una volta accettata la consapevolezza che anche fra gli esseri più vicini continuano a esistere distanze infinite, si può evolvere una meravigliosa vita, fianco a fianco, se quegli esseri riescono ad amare questa distanza fra loro, che rende possibile a ciascuno dei due di vedere l’altro, nella sua interezza, stagliato contro il cielo.”