Due bocche di papaveri

In molti abbiamo letto l’Antologia di Spoon River, in molti l’abbiamo anche ascoltata nelle canzoni di Fabrizio De Andrè nell’album Non al denaro, non all’amore né al cielo. Ma una delle più belle epigrafi, a mio avviso, è quella della teologa Adriana Zarri, scomparsa il 18 novembre dell’anno scorso.

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è triste e funebre.

Non mi vestite di bianco:

è superbo e retorico.

Vestitemi

a fiori gialli e rossi

e con ali di uccelli.

E tu, Signore, guarda le mie mani.

Forse c’è una corona.

Forse

ci hanno messo una croce.

Hanno sbagliato.

In mano ho foglie verdi

e sulla croce,

la tua resurrezione.

E, sulla tomba,

non mi mettete marmo freddo

con sopra le solite bugie

che consolano i vivi.

Lasciate solo la terra

che scriva, a primavera,

un’epigrafe d’erba.

E dirà

che ho vissuto,

che attendo.

E scriverà il mio nome e il tuo,

uniti come due bocche di papaveri.

Il respiro di Dio

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Venerdì sera ero a Zugliano ad ascoltare la testimonianza di Salvatore Borsellino, fratello di Paolo. Non mi soffermo qui sulla questione mafia di cui si può leggere abbondantemente sui libri e su internet, ma su qualcosa di cui lo stesso Salvatore ha detto di parlare raramente. In sintesi ha detto di non essere mai stato un grande credente, di aver seguito la religione da piccolo insieme al fratello, ma di non aver mai effettuato un vero percorso di fede. Eppure, in quei tre giorni passati notte e giorno accanto al feretro di Paolo prima dei funerali, ha respirato l’amore. “In tutte quelle persone che venivano a salutare Paolo, ad abbracciarlo, a portare calore alla sua famiglia, ho vissuto l’amore, ho vissuto Dio. Per me è difficile ora parlare, raccontare, è come se dovessi parlare di un cielo stellato a un cieco: come potrei farlo? quali parole usare?”.

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