Una piccola riflessione appena suggerita, un piccolo accostamento.
Tina Ceci, 37 anni. Matilde Doronzo, 32. Giovanna Sardaro, 30 anni. Antonella Zaza, 36. E Maria Cinquepalmi, 14 anni, figlia dei proprietari di quel maglificio nel sottoscala della palazzina di Barletta dove le donne sono morte. Un maglificio del quale non c’era traccia, tutte lavoratrici in nero, per meno di quattro euro l’ora. «Ma queste erano donne normali! Lavoravano per bisogno, mica per divertimento. Avevano bisogno di pagare il mutuo, la benzina. Non avevano il contratto ma avevano la tredicesima pagata. Magari non erano proprio assunte, ma il lavoro da queste parti serve, mica ci si sputa sopra».
1908, New York, 129 operaie dell’industria tessile Cotton scioperano per protestare contro le terribili condizioni in cui sono costrette a lavorare. L’8 marzo (o il 25 secondo alcuni), il proprietario Mr. Johnson blocca tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire dallo stabilimento. Scoppia un incendio doloso e le 129 operaie prigioniere all’interno dello stabilimento muoiono arse dalle fiamme. Da allora, l’8 marzo è stata proposta come giornata di lotta internazionale, a favore delle donne.

